Non è il noto politico a dirlo, ma, guarda un po’, proprio la traduzione della Bibbia, quella cosiddetta “ufficiale” dei vescovi italiani, del 2008. Nel 1971 la medesima traduzione “ufficiale” traduceva Mc 10,15 come segue: «Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso». La traduzione era in teoria corretta, perché lasciava incerto se il termine greco “paidion”, uguale al nominativo e all’accusativo, fosse da considerarsi oggetto oppure soggetto. Ma nonostante la frase sia in un contesto immediato in cui i bambini sono “oggetto” dell’accoglienza (rifiutata appunto dai discepoli, che Gesù corregge), la versione Cei del 2008 traduce (fra parentesi quadra l’aggiunta): «Chi non accoglie il regno di Dio come [lo accoglie] un bambino, non entrerà in esso». La corretta interpretazione contestuale avrebbe obbligato a dire: «Chi non accoglie il regno di Dio come [si accoglie] un bambino, non entrerà in esso». Ma, in un caso e nell’altro, una nota (o una variazione grafica) dovrebbe sempre avvertire dell’aggiunta, cosa che l’edizione Cei non fa.
Ora, se la traduzione “ufficiale” Cei contrabbanda una traduzione buonista, esortando ad avere chissà quali virtù immaginarie del bambino, così da “meritare” l’ingresso nel regno, e trascura invece, e nemmeno segnala, il senso contestuale più corretto di «accogliere l’ultimo», senza questione di meriti, c’è forse da meravigliarsi quando tanti cattolici condividono certi slogan elettoralmente di successo, conditi da rosari e colori madonna, buoni almeno, se non per entrare nel regno, almeno per entrare in quella stanza infine raggiunta dei bottoni dove, contenti di essere i primi, si lasciano gli ultimi al loro destino.
E mi stupisco, Signore,
di quanta gente, a colori azzurri o rossi,
lasci parlare in nome tuo.
Mi ricordo, però, che chi ti mise in croce,
ultimo degli ultimi,
lo fece a esser santo,
ma sbagliandosi di dio.
Antonio Pinna
Salmista ad Aristan
Ora, se la traduzione “ufficiale” Cei contrabbanda una traduzione buonista, esortando ad avere chissà quali virtù immaginarie del bambino, così da “meritare” l’ingresso nel regno, e trascura invece, e nemmeno segnala, il senso contestuale più corretto di «accogliere l’ultimo», senza questione di meriti (da Salmo 145 «Gli ultimi? Meglio i primi…, editoriale di Antonio Pinna)