Vale la pena attraversare le quasi milleduecento pagine di “4 3 2 1” (Faber & Faber/Einaudi 2017) e le quattro possibili esistenze (nel cruciale periodo 1943-1970)dell’ebreo Archibald Isaac Ferguson, alter ego plurimo dell’autore Paul Auster. Hobsbawn la definì “epoca d’oro”, venticinque anni duranti i quali gli uomini sono cresciuti in conoscenza e benessere come mai nella loro storia millenaria. La poderosa lievitazione ha avuto come centro gli Stati Uniti ergo New York, ed è qui che Auster affronta l’enigma del rapporto fra causa e contingenza, individuo e Storia, l’infinito labirinto della scelta e del caso. Poche pagine per arrivare alla nascita del protagonista Archie e poi, in sequenza ciclica (1.1, 2.1, 3.1, 4.1 e 2.1, 2.2, 3.2, 4.2 etc.), il dipanarsi delle vite possibili. Come i rami da un tronco. Geometria complessa, sterminata, e romanzo-mondo che vorrebbe infilarsi nello scaffale dei classici. Quali sono gli elementi costanti in quattro divergenti declinazioni del medesimo essere? La dolce Amy e un dio che “scrolla le spalle”. Cioè amore e morte, e la letteratura per sopravvivere.
Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)
La poderosa lievitazione ha avuto come centro gli Stati Uniti ergo New York, ed è qui che Auster affronta l’enigma del rapporto fra causa e contingenza, individuo e Storia, l’infinito labirinto della scelta e del caso. (da 4 3 2 1, editoriale di Luca Foschi)