ADOLF E LUDWIG


Editoriale del 24 marzo 2014

Guardateli sti due mocciosi, la loro testolina ovale o squadrata, il futuro in un ciuffo o in un baffetto. Celeberrimi, immortali. Si saranno pur scambiati qualche parola, una mela, un ceffone, uno sguardo spaurito o truce, un commento puntuto sulla barba bisunta del maestro, loro, Ludwig Wittengstein e Adolf Hitler nei cortili della Realschule di Linz, pochi anni prima che nelle trincee la storia triturasse milioni di figli bastardi. Sei giorni a dividerli nell’aprile del 1889 ma, l’uno diamante e l’altro asino, si trovavano a due classi di distanza. Sopravvissero allo scempio, combattendo con onore dalla parte sbagliata. Ludwig portava nel fagotto i calzini di lana e il Tractatus che avrebbe cambiato per sempre il pensiero degli uomini. La morte intorno gli affilava la logica, l’essenziale: “Il mondo è tutto ciò che accade” e “su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere”. Lustrava il cuore già limpido. Adolf veniva accecato dall’iprite e per mesi nel buio incancreniva la gioventù in un romanticismo totale, l’immenso nulla: “I grandi bugiardi sono anche grandi maghi”. Convinto, senza presunzione, di aver risolto per sempre le aporie filosofiche, ridotte a linguaggio, Ludwig lasciava Cambridge per insegnare nelle scuole elementari di Trattenbach, uno sperduto villaggio austriaco con più mucche che uomini. Alle sorelle “corrotte” andava la sua fetta d’eredità, le grandi, ricchissime industrie paterne, dopo aver fatto, tra le altre cose, il giardiniere in un monastero. Sotto falso nome. Mahler, Brahms e Klimt vivevano il mecenatismo nei salotti di casa Wittengstein. Nel 1941, ritenendo insostenibile l’attività di professore mentre la guerra incendiava l’Europa, prese a lavorare come infermiere al Guy’s Hospital di Londra, sotto le bombe tedesche volute dal suo compagno di scuola, che in vent’anni era riuscito a incarnare il demone dell’uomo come nessuno prima di lui. Il piccolo Adolf bruciò nel cielo di Berlino, il 30 aprile 1945. Ludwig girovagò ancora un po’ prima di tornare a Cambridge, poi definitivamente abbandonata nel 1947 per dedicarsi alla sua seconda opera, le Investigazioni filosofiche. “Bene!” disse al medico che gli annunciava un male incurabile nell’aprile del 1951. E per i suoi studenti, raccolti e distrutti dalla scomparsa imminente di un angelo geniale, appena prima di perdere conoscenza: “Ho avuto una vita meravigliosa”. Una tomba scarna lo rappresenta per sempre nei giardini dell’ Ascension Parish Burial Ground di Cambridge.

Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan war’s correspondent)
foschiluca.com

COGLI L’ATTIMO

 

da Wittgenstein (1993) diretto da Derek Jarman con Karl Johnson

  • MANIFESTO DI ARISTAN


    ANTEPRIMA
  • PROMO ARISTAN ROBERTO PEDICINI


  • INNO


  • IL TEMPO DEI TOPI DI FOGNA


  • CIAO NADIA