La tenuta del nostro paese, in questo drammatiche giornate, la si deve a coloro che, al prezzo di un sacrificio personale, giunto spesso sino al tragico epilogo della morte, stanno diventando costruttori di un mondo diverso. Grazie a una dignità professionale e a un’“etica del lavoro ben fatto”, che li stanno guidando, medici, infermieri, personale sanitario tutto, pur lasciati spesso senza le indispensabili protezioni e senza armi al fronte, si sono rimboccati le maniche, gettandosi a capofitto e quasi senza soluzione di continuità nei servizi che venivano loro richiesti e hanno pagato un prezzo altissimo per questo loro sacrificio. Come i tanti sacerdoti che non hanno voluto lasciare soli e senza una parola di conforto quelli che stavano dando il loro addio alla vita senza poter rivolgere uno sguardo ai loro cari e ricevere da essi un segno tangibile di vicinanza. Riconoscimento che va esteso a quanti, continuando a esercitare anche in condizioni di rischio le loro attività, non solo hanno offerto a tutti noi che stavamo a casa gli strumenti giusti per sentirci protetti e sicuri, ma si sono presi cura delle nostre esigenze quotidiane di tutti i generi, dai beni di prima necessità all’informazione e alle consegne da parte di corrieri, postini, fattorini e riders, e ci hanno consentito di soddisfarle. Un mondo mediano di soggetti esposti, che ha assunto giorno dopo giorno una statura elevata, fatta di lavoro duro, concreto e rischioso, senza esibizionismi e protagonismi.
Riferendoci ai bellissimi versi di Giuseppe Ungaretti:
“Il carnato del cielo / sveglia oasi /al nomade d’amore”1
di questi eroi che si prendono cura di tutti noi, con un’interpretazione del loro abituale ruolo fuori dell’ordinario, nell’accezione che a questo aggettivo dà la sapienza liturgica della Chiesa per indicare il tempo dell’anno non segnato da attese particolari, e rendono straordinario questo ordinario, possiamo fare i “nomadi d’amore” i cui occhi, nell’arido deserto con cui spesso si presenta il quotidiano, vedono oasi nei quali si rispecchia il carnato del cielo.
Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)
1 G. Ungaretti “Tramonto”, Versa 20 maggio 1916
possiamo fare i “nomadi d’amore” (da AL NOMADE D’AMORE – Editoriale di Silvano Tagliagambe)