Il corpo femminile costituisce un grande richiamo, come dimostra la pittura e l’arte in genere. Corpo nudo e corpo nascosto, sempre più svelato, sempre più accessibile, sino a una serialità estetica complicata dall’entrata in scena di transessuali. La ripetitività e la disponibilità sempre più diffusa, divora se stessa e cerca nuove rianimazioni.
L’aggettivo bello aveva al tempo dei latini tante sfumature: formosus, bellus, venustus, lepidus, pulcher, e altre che si sono via via perse.
In Sardegna le sfumature di bello sono due o tre: includendo molto bello e bellissimo e bello bello. Si usa per un libro l’aggettivo bellino, che però a Cagliari è nomin ’e cani (nome di cane) “Vieni qui, bellino”.
Un tempo si usava dire, per rendere meglio l’idea, micidiale e anche mondiale. Per cui due seni incolpevoli diventavano micidiali e due cosce pudiche diventavano mondiali.
Si è conservata una grande ricchezza di termini solo per quanto riguarda la bruttezza, che doveva essere invadente per avere stimolato tanta fantasia.
Preciso che la situazione è migliorata e ci sono meno occasioni per lamentarsi.
Leggia – Brutta generica. Anche se rimediabile, con un trucco studiato per nascondere i difetti. Può essere salvata dall’intelligenza.
Racchia – Brutta generica, senza elementi che possano salvarla. Una bruttezza senza richiami, se non di erotismo malato. Per convincere meglio si usa racchiona. Praticamente senza possibilità di accorgimenti e rimedi estetici.
Narfa – Non solo racchia, ma anche sciatta, sgangherata. Si può avere una storia con una leggia, ma è disdicevole averla con una narfa.
(N)Zonca – Non necessariamente brutta, ma sicuramente greve, volgare. Come una che va in giro atrossata malissimo, ma con una borsa Vuitton originale al braccio, pendi pendi. Dà una cattiva impressione anche se non apre bocca, oppure fa temere che la apra. E se la apre conferma.
Lofia – Bruttezza senza impennate di una qualche attrattiva possibile, un seno ben fatto, due gambe dritte. Una sorta di TAC estetica irrimediabile.
Coa – Può essere anche una bruttacchiotta con velleità di buon impatto, o una discreta, però di costumi disinvolti, che si concede senza selezionare.
Coa cagàra – La connotazione degenerata, indegna di rispetto giudicatorio. Non è un vanto concludere con lei. Viene usata quando si voglia offendere la donna che ti si nega: “Bairindi, coa cagàra!”. (vattene coda cagata)
Egua – Ha una gamma ampia di connotazioni, passando dal greve, al sanzionatorio, al simpatico. Può significare disinvoltura fisica quasi mascolina, sino alla piena disponibilità e simpatica esuberanza fisica con e senza implicazioni sessuali.
Egua curridora – Quando si voleva caricare la dose, nel senso che era un’egua (cavalla) che si dava anche da fare passando con disinvoltura da un partner all’altro. A disposizione quindi di molti fantini.
Burrica – (asina) Ovviamente rispetto alle varie egue manca di stile, ha modi grossolani e li induce.
Craba – Per definire una donna che salta da un uomo all’altro. In questo caso, l’agilità fisica salterina viene vista come una propensione senza grazia e stile.
Puzzi puzzi – Descrive la reazione all’oggetto. Può contemplare anche un giudizio complessivo, non necessariamente soltanto di tipo estetico.
Mancu a frucconi – Talmente brutta che pure in situazioni di indigenza sessuale, non la si toccherebbe neanche con un forcone, cioè a distanza.
Un cesso – Sfumatura che non ammette distinguo. Con la parola cesso si richiama una latrina, unu commuru. Essendo di accezione bassa qualcuno pensa che sia sarda.
Unu commuru – Al posto di cesso quando si vuole aggiungere una connotazione ironica che ne attenui la cattiveria. Infatti commuru fa sempre sorridere, quindi si fa preferire. Dalla vittima anche.
Unu bassinu – Orinale in italiano. Su bassinu è piccolo, sgraziato, maleodorante, scomodo, anche quando si va a comprarlo in negozio. Più spesso infatti aveva anche una connotazione di bassezza, quindi irrimediabile, specie in tempi in cui non si usava il tacco 12. In ospedale viene chiamato pappagallo e procura sempre un po’ di soggezione, specie a cose fatte.
Nino Nonnis (Sa Cavana [la roncola] di Aristan)
“Si è conservata una grande ricchezza di termini solo per quanto riguarda la bruttezza, che doveva essere invadente per avere stimolato tanta fantasia. Preciso che la situazione è migliorata e ci sono meno occasioni per lamentarsi.”
Da APPUNTI DI ESTETICA – Editoriale di Nino Nonnis (Sa Cavana [la roncola] di Aristan)