Si chiama “cucina emozionale” e si aggiunge alla scrittura creativa emozionale, all’intelligenza emozionale, al marketing emozionale, alla guarigione emozionale, alla musica emozionale, al fitness emozionale. I ristoranti che la praticano si moltiplicano in tutto il mondo. Più che a soddisfare l’appetito, i piatti mirano a risvegliare emozioni e ricordi attraverso composizioni esteticamente ricercate. I capolavori di Mugaritz, a San Sebastiàn, uno tra i migliori dieci ristoranti del pianeta, si chiamano “brandelli di ghiaccio”. Batuffoli di ghiaccio cotonato schizzati con poche gocce di succo di gamberetto, di cocco, di carota o di frutti di bosco. Esperienze intense e totalizzanti. Ho pianto ricordandomi della prima volta che ho sbrinato un freezer.
Cresce anche il numero di coloro che uscendo non sazi da questi templi della cucina si fiondano nel primo locale che trovano nei paraggi; anche il più sporco, purché sia un posto dove non si senta parlare di Proust e della sua madeleine. Appena fuori da Mugaritz infatti sono corso, attirato dal fumo e dall’odore dell’aglio, in un’affollata taverna. Mi sono ingozzato di pintxos, divertendomi un mondo, assieme a quattro raffinati ultras dell’Atletico Bilbao, a vuotare una damigiana di vino che aspiravamo con un tubo di plastica. La serata è terminata con una rissa collettiva. Che emozioni!
Tony Cinquetti
(Etica gastronomica)
COGLI L’ATTIMO
dal film Un americano a Roma (1954)