Capitolo 26 – IO CREDO A TUTTO


Editoriale del 29 gennaio 2014

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Gino Camorra è stato di parola. Per mostrare a Gianfranco Zola il Kapingamarangia in azione, grazie ai suoi ottimi rapporti con Moldor Cane, presidente della squadra di calcetto del Nukoro, in una settimana ha organizzato una partita amichevole. Gino e Moldor si erano conosciuti due mesi prima quando Moldor era giunto sull’atollo perché voleva acquistare Franceschi, la stella del Kapinga, e Gino invece gli aveva rifilato quello che pensava fosse un “pacco”: Gabo Dop.
Gabo era un’ala destra come Garrincha, aveva una gamba più corta come Garrincha ed era nato il 20 gennaio del 1983, giorno della morte di Garrincha; questi elementi più qualche dribbling erano bastati per suggestionare Moldor facendogli credere di essere di fronte a una reincarnazione del fuoriclasse brasiliano.
Ebbene, l’amichevole è finita sette a uno per il Nukoro e Gabo ha giocato come Garrincha (stesse pause, stessi scatti improvvisi, stessi spostamenti laterali, stessi dribbling) e ha segnato cinque gol.
Reincarnazione? È possibile.
Credo sempre a ciò che mi affascina perché tutto quello che possiamo vedere, immaginare, ascoltare, annusare, toccare, intuire o sognare esiste. Il monte Aconcagua esiste. Moby Dick, la balena bianca, esiste, e anche Achab. Parigi esiste. Lo sguardo di monna Lisa negli occhi di Leonardo esiste. Corto Maltese esiste. Le torri gemelle esistono.
Cartesio ha detto: “Penso, dunque esisto”. Franz Baader 150 anni dopo ha detto: “Sono pensato, dunque esisto”. Ma credo che a questo gioco possa partecipare autorevolmente anche l’oblio. L’oblio è il travestimento di un’assenza, la imbarazzata nostalgia di una presenza; è la sintesi perfetta del pensare e dell’essere pensati. È anche un’ottima scusa per assumere lo sguardo malinconico di Humphrey Bogart a Casablanca e diventare fatali sussurrando: “Sono dimenticato, dunque esisto”.
All’uscita dal campo mi sono accorto che Gino Camorra guardava il suo vecchio amico Andrea Franceschi, che pure aveva segnato l’unico gol per il Kapinga, con sincera antipatia.
Ho raggiunto negli spogliatoi Gabo, il dominatore della partita; era in mutande e lo stavano portando in trionfo.
“Ma tu sei Garrincha?”, gli ho gridato.
“No, ma da quando hanno detto che forse ero la sua reincarnazione ho studiato tutti i filmati su di lui”.
“Stanotte ci beviamo un rum Caronte da Farfarello?”.
“Non posso! Sono a cena da Rosa, la mia sorella maggiore”.
La sera nella taverna di Farfarello Slim mi ha detto che Gabo non ha sorelle. Garrincha invece ne aveva; la maggiore si chiamava Rosa.

 

Filippo Martinez

COGLI L’ATTIMO

 

da un documentario di History Channel

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