Mi sono sempre chiesto perché la morte di un cane è un evento che si porta sempre dietro un dolore particolare. Lo pensavo guardando il mio cane poco fa, coricato beato al pallido sole di questo giugno mentitore. Potrei dire che si sta riposando, ma non so da che cosa, dal momento che ha dormito tutta la notte e ancora ha voglia e trova il gusto di oziare. Mio padre ci redarguiva sempre bonariamente “Ma come fate a poltrire a letto, alzatevi, sono le nove.” Questo la domenica. Io voglio per il mio cane quello che non ho potuto avere io e glielo concedo anche di domenica. Il mio sogno è sempre stato quello di svegliarmi quando apro gli occhi. Lo guardo e spesso mi chiedo come sarà il dopo l’ineluttabile, ma lo considero anche un rinforzo affettivo che mi fa apprezzare meglio il presente “Goditelo tutto finché c’è”.
Se vado in bagno viene a controllare se ci sono. Ogni tanto si avvicina per una rateizzazione di coccole e gliele devo fare, e spesso continuare, fosse per lui non si stancherebbe mai. Fosse una donna, con tutte quelle attenzioni mi avrebbe lasciato per nausea affettiva. Mangia quello che mangio io, mi dicono che lo vizio, ma non è vero, non è viziato, mangia di tutto, a parte le cose che fanno male. Difficilmente non gradisce qualcosa, non lascia niente nella ciotola e la pulisce subito, non ha le mie pigrizie. Sappiamo tutti che la sua vita è a termine, qualcuno arriva al record, altri muoiono giovani, ma l’evento è comunque traumatico, per tutta la famiglia e come è successo a me, anche per gli amici. Perché adesso vado dall’amico Maurizio e al citofono non risponde più Oliver, non ci accoglie più in casa, non circola più in mezzo a noi, non viene ogni dieci minuti per due carezze, non ci accompagna quando ce ne andiamo.
Ho un amico che è stato talmente affezionato al proprio cane che quando è morto non ha voluto prenderne altri, non ha voluto sostituire quell’affetto, né ricrearlo con un altro cane. Altri aspettano una settimana e se ne prendono un altro, per colmare la lacuna affettiva. Ci fa sempre stupore che venga ricordato come la scomparsa di una persona cara, anche a distanza di anni.
Penso che la differenza sia che muore molto prima di noi, e siamo abituati alle parole, a dirci il nostro amore, e sentircene corrisposti col suggello della parola. Se potesse parlare il mio cane non potrebbe dire più di quello che già so e che tante volte mi ha detto fosse anche muovendo la coda e guardandomi. Tutte sensazioni che potrai solo inseguire.
C’è la storia della bella e la bestia, della bruttezza che impedisce altri conoscimenti. In un cane per me c’è la troppa bellezza, la ricerca di un cliché, un barboncino da esposizione tutto rasato nei punti giusti. Gli auguro di non passare mai davanti a uno specchio che gli riveli come sono stati conciati. Preferisco la faccia fintamente cattiva di un bulldog, di un pit bull, la bontà di cui sono capaci anche dopo che un padrone gli ha insegnato a essere feroci.
Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)
“Se vado in bagno viene a controllare se ci sono. Ogni tanto si avvicina per una rateizzazione di coccole e gliele devo fare, e spesso continuare, fosse per lui non si stancherebbe mai.”
Da CHE INTENDER NON LO PUÒ CHI NON LO PROVA – Editoriale di Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)