CHEF STELLATI E CROLLO DEL DESIDERIO


Editoriale del 16 ottobre 2014

È provato. Paradossalmente l’aumento esponenziale di trasmissioni televisive popolate da chef ed esperti a vario titolo di arti culinarie, l’inflazione di riviste e di libri che mostrano piatti guarniti o farciti colti nei loro dettagli più intimi, sta provocando il disamore per la cucina tradizionale, intesa come piacere di infilarsi un grembiule e mettersi a casa ai fornelli a spadellare. Si cucina dappertutto, tranne che in cucina. Per ogni chef stellato che compare, nel cielo ci sono migliaia di cuoche cadenti. Succede un po’ come per il desiderio sessuale: alla lunga la pornografia lo uccide; vedere continuamente immagini ritoccate di chef strafichi accanto alle loro improbabili creazioni porta evidentemente a un crollo dell’appetito. Esiste però un’altra ragione: un tempo si cucinava sulla base di ricette scritte o tramandate per via orale di generazione in generazione, senza nessuna idea di come dovesse apparire il prodotto finale. Tutto lasciava spazio all’immaginazione: le dosi erano imprecise, i tempi di cottura approssimativi, ma soprattutto mancava sempre un’informazione chiave, cosa che permetteva di sperimentare. Di ogni ricetta ogni cuoca o cuoco possedeva la sua versione, ed era sempre la migliore. Ora l’abilità consiste nel riprodurre in maniera iperrealistica un piatto creato da altri, perché risulti stupendo come nella foto. Impossibile. Peraltro di quello stesso piatto esiste sicuramente nei supermercati, già pronta, una versione industriale. Basta semplicemente scaldarla.

Tony Cinquetti
(Etica gastronomica)

COGLI L’ATTIMO

 

da un Carosello del 1966

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