CHI CUSTODIRÀ I CUSTODI?


Editoriale del 22 luglio 2020

I musei storici, sparsi un po’ in tutta Europa, che esibivano orgogliosamente nelle loro vetrine le leggendarie cinture di castità hanno dovuto ritirale dai loro cataloghi. Perché si è scoperto che questi strumenti con i quali i cavalieri medioevali in partenza per le crociate si sarebbero assicurati la fedeltà delle loro mogli sono in realtà un’invenzione dell’800. Oltre a inoppugnabili argomenti storici e filologici per convincersene basta una semplice obiezione pratica: qualunque serratura medioevale poteva essere aperta in pochi secondi da un fabbro che poi magari avrebbe potuto approfittare per primo delle grazie da lui liberate. Chi custodirà i custodi?
Se rievoco questa leggenda è perché c’è un residuo di essa che si perpetua: l’idea che il rispetto e la fedeltà si possano conquistare con vincoli e artifici anziché con il sentimento e l’amore.
Prendete il rapporto tra l’uomo e il paesaggio qui da noi: quella moderna cintura di castità costituita da fiumi di dispositivi legali – come l’articolo 9 della Costituzione italiana, il Codice dei beni culturali, la Convenzione europea del paesaggio – messi in campo per la protezione di questo bene comune, al fine di preservarlo e difenderlo – lo hanno forse messo al riparo dall’inquinamento, dal consumo del suolo, dagli insulti di cui è fatto oggetto quotidianamente? La risposta è ovvia: per fare in modo che la tutela e la valorizzazione siano efficaci non possono bastare le sole norme, i soli vincoli: bisognerebbe promuovere una cultura capace di diffondere l’amore e il rispetto per l’ambiente, al punto da far sentire a ciascuno di noi come una ferita del nostro stesso corpo ogni sfregio che gli venga inferto.
E poi, anche in questo caso occorre chiedersi; chi custodirà i custodi? Una storia esemplare viene dalla Sardegna: a Isili il nuraghe, Is Paras, risalente al XV secolo a.C., famoso per la bellissima volta a cupola della torre centrale, che con i suoi 11,80 m. è la più alta dell’Isola, è stato murato con un tappo di cemento “per preservarlo dagli agenti atmosferici” (vera e propria declinazione in chiave contemporanea del concetto medioevale di “cintura di castità”) indovinate da chi? Dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Sassari e Nuoro. Cioè da chi ne doveva custodire l’integrità.
Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)

“Se rievoco questa leggenda è perché c’è un residuo di essa che si perpetua: l’idea che il rispetto e la fedeltà si possano conquistare con vincoli e artifici anziché con il sentimento e l’amore.”
Da CHI CUSTODIRÀ I CUSTODI? – Editoriale di Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)

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