DÉJÀ VU


Editoriale del 9 giugno 2019

Tra i personaggi pubblici più sopravvalutati degli ultimi anni Salvini sbaraglia la concorrenza. Di provocazione in provocazione scala i consensi, mastica e inghiotte gli avversari. Ammiratori e detrattori sembrano essere d’accordo solo sull’acume che gli riconoscono, tra giochi di potere e carisma personale. E invece Salvini non ha inventato niente. Neanche il vittimismo eroico populista del padre di famiglia pronto a resistere alle élite transnazionali che dietro il vessillo dell’Europa lo mettono di fronte alla scelta tra conti pubblici da risanare e figli da sfamare. Non c’è bisogno di chiamare in causa Steve Bannon e il suo grido in difesa di una Chiesa agonizzante, né Marine la blu che incontra gli esponenti ultraconservatori del cattolicesimo francese. Senza allontanarsi dall’Italia, se di genio si deve parlare allora quel genio si chiama Umberto Bossi. Dopo i conflitti iniziali con la Santa Sede e con la CEI dei primi anni, con tanto di lettere della Pivetti e minacce di adesione al protestantesimo, dopo le ampolle, Pontida, i riti celtici, è stato Bossi a capire che la Chiesa nel gioco del Risiko versione seconda Repubblica doveva essere arruolata e non combattuta. Così, correva l’anno 2007, le pagine de La Padania cominciavano ad affollarsi di editoriali che dipingevano il partito come “l’ultimo baluardo a difesa dell’identità nazionale cattolica italiana”. In un colpo solo Bossi faceva pace con i cardinali, anzi diventava paladino della cristianità, e trasformava quell’identità ancora incerta del Nord in un franchising nazionale, un asso piglia tutto calato quando ancora sembrava inconcepibile che un siciliano votasse Lega. Il colpo di genio dopo decenni trascorsi ai tavoli squallidi delle osterie bergamasche e negli uffici varesini di notai e azzeccagarbugli a cercare di mettere insieme tradizioni e lingue e farne un dialetto unico da Toscana a Lombardia, a impastare un’appartenenza comune. Bossi era il rivoluzionario. La retorica fascista del padre di famiglia che ha da sfamare i figli a qualunque costo, il riferimento ai valori cristiani che non stanno in conflitto con i respingimenti in mare e il discorso islamofobico, la croce da esibire in favore di telecamera, non rappresentano niente di nuovo. Il fondatore invocava proiettili di gomma, Salvini ruspe; il capo raccontava che la Lega avrebbe difeso dall’avanzata islamica la cristianità degli italiani, lui nel ripiegamento intimistico degli ultimi tempi non dimentica di rivelare che prega la Madonna tutte le sere. Certe volte gli allievi, nel tentativo di superare i maestri, diventano scimmiette ammaestrate.

Eva Garau (Precaria di Aristan)

Il fondatore invocava proiettili di gomma, Salvini ruspe; il capo raccontava che la Lega avrebbe difeso dall’avanzata islamica la cristianità degli italiani, lui nel ripiegamento intimistico degli ultimi tempi non dimentica di rivelare che prega la Madonna tutte le sere (da DÉJÀ VU – Editoriale di Eva Garau)

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