A volte capita di godere delle piccole cose, inezie che rischiano di passare inosservate dentro una giornata, una storia, una vita. In quei frammenti di tempo avviene in noi una variazione di prospettiva e percepiamo nuovi significati nel mondo che ci circonda.
È il valore dei dettagli: in ogni cosa c’è un senso ovvio e immediato, che colpisce subito facendo leva sulle emozioni più comuni, e poi c’è quello inafferrabile, che sta nei particolari, quello che Roland Barthes chiama “il senso ottuso”, cioè smussato, scivoloso, e che, come tutte le forme arrotondate, ti sfugge facilmente. Davanti a un libro, un’opera d’arte, una persona o un’azione quotidiana, osserviamo gli aspetti più piccoli, le minuzie, i puntini, apparentemente poco importanti, ma che non sono certo lì per caso o per figura. Il trucco è di collegarli uno con l’altro fino a che, sorprendentemente, prende forma il disegno chiaro di ciò che essi vogliono esprimere, un significato a volte indifferente a volte opposto a quello della narrazione principale.
È un impegno, soffermarsi su ciò che è meno visibile, ma il risultato è sorprendente: scopriremo che il vero significato delle cose sta nel modo in cui noi le leggiamo e saremo finalmente capaci di scegliere in che modo vogliamo osservare il mondo. Non è difficile, si comincia imitando i bambini: prendi la matita e unisci i puntini.
Genny Pignataro Atzeni
(Rabdomante ad Aristan)
COGLI L’ATTIMO
dal discorso di Steve Jobs a Stanford la prima storia: Connecting the dots