Elliot Travers è un attore inglese, famoso in patria per il film “Eternity” e da noi per aver interpretato un cacciatore di orchi nella trilogia “Lo Hobbit” di Peter Jackson. Invitato alle nozze di amici a Treviso, durante il viaggio in aereo per Venezia gli è caduta in testa la valigia; appena sceso, è stato soccorso all’ospedale veneziano e curato con tre punti di sutura. Ma è solo l’inizio. Uscito ubriaco fradicio dalla festa di matrimonio, si è fatto accompagnare in taxi a un hotel dello sperduto paesino di Roncade, nel trevigiano. Nel buio della notte e tra i fumi dell’alcool ha però sbagliato porta e, anziché nell’albergo, è entrato in una villa privata, lasciata per caso con la porta aperta. La mattina il padrone di casa è uscito presto e non si è accorto dell’ospite ancora addormentato sul divano, ma la moglie, più tardi, ha sorpreso il cacciatore di orchi mentre usciva nudo dal bagno. Travers, stupito, ha mormorato un “Sorry” e la signora, urlando spaventata, ha chiamato i carabinieri. Tutto è finito a tarallucci e vino, perché Travers ha spiegato l’equivoco e la signora, lusingata di aver dato asilo a una star del cinema, non ha sporto denuncia. L’aneddoto mi ha fatto ripensare a una scenetta vista quest’anno sulla spiaggia: un bambino di quattro o cinque anni giocava da solo impugnando una pistola ad acqua con la destra e un pugnale di gomma con la sinistra. Con atteggiamento da duro, cantilenava “C’ho un goldiello ed una bisdola, bang…zzà!”, fingendo di sparare con l’una e di affondare la lama con l’altra. Si è alzata di scatto dalla sdraio la sorella maggiore, ha afferrato il fratellino e lo ha rovesciato sottosopra tenendolo fermo per aria. Il poveretto, passato a più miti consigli, ha allora cominciato a implorare un interminabile e petulante “Dai…dai…”. Quello che era un temibile gangster fino a un minuto prima, si rivelava ora un bambinetto nudo piagnucolante a testa all’ingiù. Due apologhi buffi e penosi sul disvelamento della debolezza umana.
Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan
COGLI L’ATTIMO
Non lo faccio più nell’esecuzione di Gianfranco Tonello allo Zecchino d’oro del 1963