È sempre più frequente imbattersi in qualcuno che ci offre una sua visione “distopica” del futuro. La distopia, per farla breve, è l’opposto dell’utopia. Così veniamo continuamente angosciati dalla prospettiva di vivere in una società in cui siamo schiavi dei robot, dei marziani, dei ragni o di novelli Hitler, scegliete voi. Un esercizio inutile, come se quello in cui viviamo fosse il migliore dei mondi possibili. Cosa potrà mai spaventarci? Tanto per dirne una: si saranno accorti, i cultori della distopia, che aumenta esponenzialmente il numero delle persone che si sentono “sole”? La solitudine è considerata oggi una delle principali cause di malattia e di morte, in un’epoca in cui paradossalmente, o forse proprio per questo, siamo più connessi che mai col mondo. Quanto bisogna sentirsi soli per cercare conforto in un bordello di bambole di silicone? Il primo in Italia, per lui e per lei, ha aperto i battenti a Torino l’altro ieri: si chiama Lumydolls, “la casa delle bambole hot”, ed è già stato subissato di prenotazioni. Non sanno, gli uccelli del malaugurio, che esistono persone anziane che si fanno arrestare per trovare in una cella, più che qualcosa di pronto da mangiare, un po’ di compagnia, non importa se quella di un assassino? Con chi parliamo più spesso, con lo specchio, con lo schermo del computer, con il cane, con il gatto o con il carrello della spesa? Ma per tornare all’attualissimo e fichissimo termine “distopico”, forse basterebbe suggerire a chi lo usa di guardarsi attorno.
Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure di Aristan)
Con chi parliamo più spesso, con lo specchio, con il cane, con il gatto o con il carrello della spesa? (da DISTOPIA E SOLITUDINE, editoriale di Marco Schintu)