Noi sardi siamo molto diversi dai continentali, che si sono mischiati più di noi ai popoli limitrofi, ai conquistatori, ai semplici confinanti o a quelli di passaggio. Sia detto come pura constatazione, senza valutazioni orgogliose delle nostre peculiarità.
Siamo introversi anche nell’architettura, nascondiamo l’interno alla vista altrui, forse per paura dl malocchio. Ma siamo capaci, forse in un tentativo liberatorio, di dare colori sfacciati che chiamiamo spramati (dall’aramaico sprama: spavento). Anche se hanno una loro utilità: da tutte le parti, le chiese servono alla toponomastica, da noi usiamo le case spramate: “Dove abita Anselmo Nieddu, il sindaco? È facile, va dritto, gira a destra, continua sino a che non vede una casa groga spramata (gialla spramata), la casa del sindaco è quella successiva”.
Su bonette (il berretto) quando ha un colore vivace è grigio acceso. Intonato ai calzini (migias). Resiste ancora il costume sardo antico, che serve per le manifestazioni folkloriche. Viene usato ancora quotidianamente a Desulo e in qualche caso di incontro di coppia di cuori solitari: “Come farò a riconoscerti?” – “Mi metterò il costume di Desulo, lo conosci?” – “Certo. Quello di tutti i giorni?” – “No, quello della domenica”.
Abbiamo caratteristiche che nessun popolo possiede. Il riso sardonico per esempio. E anche “s’arrisu ‘e s’arenara”, il sorriso della melagrana, ma questo possono averlo tutti, anche a propria insaputa. Siamo longevi e il nostro numero di centenari è proporzionalmente più alto di quello delle altre regioni. Eppure per la nostra umiltà abbiamo ancora l’augurio “a chent’annos”, a cento anni, per cui molti, se ancora si ricordano, si toccano. Ciò pare sia dovuto a qualche bicchiere giornaliero di vino cannonau, mai uno che beva Valpolicella, a una alimentazione priva di hamburger e ketchup, e all’assenza di stress. Ogni volta che intervistano un centenario non si tratta mai di un imprenditore che ha passato la vita in tensione tra investimenti, scioperi, mutui bancari, mercato, cassa integrazione, stratagemmi fiscali.
Sono tutti agricoltori e pastori, che hanno avuto un’esistenza regolare, senza tensioni, nell’accettazione filosofica degli eventi della vita, fatta di movimento fisico. Non si hanno casi di bidelli infatti. Sarebbe da escludere come motivo concorrente all’allungamento della vita sino alla vecchiaia, il sesso, che dicono faccia bene, oltre al divertimento che procura. Questo è invalidato dal fatto che esistono moltissimi casi di centenarie vedove da 40 anni, anche maschi che non esercitano da molto, eppure…
Abbiamo una fortuna che è la nostra sfiga, anche se molti la chiamano colpa, ma quella, si sa, appartiene sempre agli altri. Come quegli animali apprezzati per la bellezza della loro pelle, come il coccodrillo, del loro manto, come il visone, della bontà della loro cotenna, cucinata allo spiedo, sono vittime sacrificate per un superfluo tornaconto, così noi abbiamo spiagge bellissime e le abbiamo cedute a “preziu barattu”, a prezzo irrisorio, abbiamo zone incontaminate e le abbiamo cedute per farne basi militari, abbiamo ma potrei dire avevamo, così come avevamo grandi foreste, che ci hanno distrutto, a cominciare dai fenici. Così vanno le cose, non abbiamo potuto farci niente, impotenti, anche se una cosa potremmo sicuramente pretenderla da noi, da noi tutti. Il rispetto spicciolo della natura che ci è stata regalata, ma ancora non vedo coscienza. Condannati come il pie’ veloce Achille, a non raggiungere la tartaruga, se…
Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)
“Abbiamo una fortuna che è la nostra sfiga, anche se molti la chiamano colpa, ma quella, si sa, appartiene sempre agli altri.”
Da DIVERSITÀ RAZZIALI – Editoriale di Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)