DOVLATOV: L'ANTIDOTO CONTRO LO SCIOCCHEZZAIO ELETTORALE


Editoriale del 20 febbraio 2018

In questi giorni, anziché in Italia, vorremmo essere a Berlino. Invece di assistere alla più avvilente campagna elettorale a memoria d’uomo, correremmo nella sala del Festival del cinema dove proiettano in concorso “Dovlatov”, di Aleksey German, biografia di uno scrittore russo di culto, dallo stile inconfondibile e di talento straordinario. Se non avete mai letto Sergej Dovlatov (1941-1990), procuratevi subito i libri di questo Bianciardi russo, amico di Brodskj, tutti tradotti da Sellerio. Anarchico individualista dotato di un umorismo irresistibile e di uno spirito d’osservazione insieme affettuoso e corrosivo. Narratore autobiografico che ritrae con scanzonata spietatezza se stesso e il mondo che lo circonda, perennemente tentato dall’alcool e dal fascino femminile. Scrittore che non vuole prendersi sul serio, attento al linguaggio e curioso della storia e della politica, destinato a essere comunque un bastian contrario. Malvisto dal potere comunista per la dissacrante ironia, guardato con diffidenza anche dai dissidenti, per aver scelto il registro divertente anziché quello nobilmente tragico di un Solzenicyn. I suoi romanzi si raccomandano per il ritmo jazz della scrittura e per la cifra stilistica, che non è mai la vibrante indignazione, perché dramma e farsa si mescolano nella realtà e dunque anche nei libri di Dovlatov. Le mostruosità sovietiche sono frutto di quell’inestricabile guazzabuglio che tutti noi siamo. La vita è assurda perché la natura dell’uomo è contraddittoria. Perciò una letteratura che distinguesse i buoni dai cattivi, il giusto dall’ingiusto, il bene dal male, finirebbe per tradire la vita. Meglio serbare intatta e fragrante sulla pagina la tragicomica ambiguità dell’anima umana. Imparate a conoscerlo entrando dalla porta di servizio, cioè leggendo “La marcia dei solitari”, che raccoglie gli editoriali che scrisse per il “Nuovo Americano”, rivista di cui fu direttore, stampata a New York in lingua russa. Una lezione di stile e di giornalismo, rivolta a un lettore ideale “di qualsiasi fede religiosa, che odia la tirannia, la demagogia e la stupidità”, cioè “una persona qualunque, semplice e complessa, triste e allegra, riflessiva e spensierata”. La linea editoriale è quella di ospitare idee il più possibile eterogenee, meglio se contrastanti tra loro, per spronare la pigrizia del lettore a “rispettare l’opinione altrui”, senza il conforto di “sentirsi l’unico depositario della Verità”, compiaciuto di trovare sul suo giornale quello che già pensa da solo, finendo col convincersi che la libertà di opinione vale “soprattutto per quelli che la pensano come me”. Poiché “non ci sono santi in vita” e “non ci sono soggetti esenti da critiche”, la redazione offre “una tribuna aperta ai sostenitori di idee diverse e, nello specifico, diametralmente opposte”, garantendo soltanto (e non è poco) il “livello della discussione”. Così si può elogiare anche la propaganda sovietica, perché ha il merito di suscitare la reazione opposta (“Se criticano un film, significa che bisogna vederlo. Se stroncano un libro, significa che bisogna leggerlo. Se prendono qualcuno di mira, significa che è una persona che vale”), e si può parlare delle piccole cose quotidiane (“Per tutta la vita la gente ha letto articoli impegnati. Si è abituata. Vuole ricevere delle preziose linee guida. Se non le ottiene è a disagio…E se la cosa più importante fosse stata il racconto di stamattina? Quel discorso casuale pronunciato alla fermata del tram? Nel trambusto della metropolitana di New York?”). I poveri di spirito seguano pure i mesti talk show elettorali, gli altri leggano Dovlatov. Che racconta di quanto in fretta crescono i figli e degli scarafaggi. Che ha il coraggio di sostenere che “ci sono situazioni in cui tutti hanno ragione. Quelli che sono a favore e quelli che sono contrari”. Che sa ridere di tutto, anche di se stesso, perché è convinto che “in ognuno di noi c’è tanto bene quanto male. Ed è tutto mescolato”.

Fabio Canessa
Preside del Liceo Olistico Quijote

In ognuno di noi c’è tanto bene quanto male. Ed è tutto mescolato.
(da DOVLATOV: L’ANTIDOTO CONTRO LO SCIOCCHEZZAIO ELETTORALE, editoriale di Fabio Canessa)

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