CINELETTO


Editoriale del 15 dicembre 2015

Per uno come me, che non ha mal voluto tenere un televisore in camera, che non si è mai addormentato durante la visione di un film e che ha sempre provato un senso di irritazione e di pena vedendo qualche rincoglionito appisolarsi di fronte al grande schermo, la notizia è devastante: lo storico cinema Ambasciatori di Napoli, fresco di restauro, sta riaprendo (e fin qui siamo felicissimi) e, per combattere lo strapotere delle multisale, ha avuto l’idea di sostituire le classiche poltroncine con letti e divani. Così gli spettatori staranno più comodi, dicono. Per l’esattezza, le prime file saranno composte da letti da una piazza e mezza, con tanto di comodino per i cappotti e le borse, le altre da soffici divani. L’audio non sarà diffuso, ma arriverà attraverso le cuffie, di cui ogni postazione sarà dotata. All’ingresso, un bistrot-ristorante per mangiare e bere prima o dopo la proiezione. A concepire il progetto un team di pensatori, capitanati dai tre imprenditori che pare abbiano investito una cifra ragguardevole. Può darsi anche che l’operazione abbia successo, ma siamo convinti che vada in direzione opposta alla fruizione del film, che passa in secondo o terzo piano rispetto all’installazione surreale calata direttamente nella realtà. Dopo che sei entrato in sala, ti sei tolto le scarpe e accomodato chiotto chiotto sotto le lenzuola, di tutto ti fa voglia tranne che di vedere il film: il vero cinema diventerà guardare le altre persone, godendoti questo spettacolo visionario che rende concreta la frusta metafora della proiezione come sogno collettivo, al buio mentre sullo schermo appaiono immagini giganti alle quali tu assisti impotente. Oppure, se sei un ragazzino vispo, un bello sport sarà quello di cercare di infilarti nel letto di una spettatrice per l’appunto “materassabile” (variante più arrapante di quando, sul treno che portava a Pisa, gli universitari cercavano di sedere in un vagone dove c’era qualche ragazza appetitosa), e a quel punto se guardi il film, invece di allungare mani, gambe e quant’altro, vuol dire che sei un cretino. Più che un cinema sarà un casino, in senso letterale, una ghiotta opportunità per i gay e un paradiso per i pedofili. Ci saranno poi i soliti rincoglioniti che si addormentano, stavolta con molte attenuanti. Se i gestori non permettessero la condivisione di letti e divani, significherebbe solo aver creato un portentoso meccanismo di frustrazione. Ma invece credo che abbiano messo tutto in conto, compreso il bistrot, visto che hanno chiamato il locale Hart, che in olandese significa ‘cuore’, ma lo giustificano come un composto di heart (cuore), earth (terra) e art (arte). Un suggerimento: a inaugurarlo chiamino Tinto Brass.

Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan

COGLI L’ATTIMO

 

da Roma (1972) diretto da Federico Fellini

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