Pur disgustati dalla viltà politicamente corretta di chi, per paura di far innervosire l’Isis, propone di staccare crocifissi e abolire perfino i canti natalizi, troviamo qualcosa di stridente nella campagna lanciata da quelli che invitano tutti quest’anno a fare il presepio, brandendo la capannuccia di Gesù Bambino come una clava da sferrare sulle teste dei conformisti temebondi e degli infedeli. Buon per noi che, sui banchi di una libreria cattolica, abbiamo pescato un libriccino edito dalla San Paolo, intitolato “Santo Natale”, che ci riconcilia con lo spirito natalizio: un elogio del presepe, scritto con partecipata ispirazione dall’arcivescovo Bruno Forte, presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi della CEI. Le sue meditazioni partono dal presepe tradizionale napoletano, “campionario di umanità, che accomuna le più diverse espressioni della rumorosa vita popolare della Napoli barocca, dal letterato all’arrotino, dal capopopolo al burattinaio, dalla ballerina con il putipù” fino ai personaggi della cronaca contemporanea, senza negare un posto anche ai “cattivi”, come quell’Erode che si gode “’na tazzulella ‘e café” di fronte allo spettacolo crudele della strage degli innocenti. A prima vista può sembrare un “gioco dell’immaginario” che sfiora il blasfemo, se paragonato all’invenzione di San Francesco nella grotta di Greccio, nel 1223. Invece interpreta appieno la “coralità” dell’universo di fronte al “mistero” della Natività, dove “il fiabesco si mescola con il reale per significarne il più possibile la comprensività”. Dietro il “divertissement” si nasconde l’unione di divino e umano, “in tutta la varietà delle sue forme”, con “variopinta e multiforme abbondanza”. Anche i distratti e i cattivi sono ospitati “con tono di bonarietà e di misericordia”, così come gli anacronismi e i corti circuiti spazio-temporali trascendono l’elemento cronachistico, proiettando l’evento “in una intenzione più vasta, per celebrare l’universalità della salvezza portata dal Dio bambino”. Maneggiare le statuine, ritoccandole e aggiustandole, favorisce “un senso di familiarità con il divino”, trasformando quel teatrino sacro non nella “memoria di un tempo perduto, ma come un appello rivolto al presente”. Bruno Forte ci aggiunge di suo un raccontino in cui prova ad entrare dentro il presepe e a esprimere i pensieri e i sentimenti dei personaggi, facendoci partecipi del primo sguardo di Gesù sul mondo. Tutto amore e stupore.
Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan
COGLI L’ATTIMO
da Natale in casa Cupiello, scritta da di Eduardo De Filippo nel 1931, con Eduardo e Luca De Filippo