ELOGIO DELLA FOLLIA


Editoriale del 18 maggio 2021

La mattina dell’11 maggio una donna di 50 anni si è fermata con la sua Smart in piazza Buenos Aires a Roma, per l’esattezza di fronte al numero civico 5. E non è più uscita dall’auto. Quando il portiere del palazzo di fronte le ha detto che rendeva difficile il passaggio agli inquilini che dovevano entrare, si è spostata avanti di un metro e poi non si è più mossa da lì. Ai vigili urbani chiamati dagli abitanti del quartiere, preoccupati per quell’atteggiamento inquietante, ha mostrato carta d’identità, patente e libretto perfettamente regolari. Per cui le forze dell’ordine se ne sono andate senza poter far nulla. Da un bar della piazza le hanno portato tramezzini, acqua e spremute, che ha accettato volentieri, però ripetendo a tutti che non voleva scendere. A chi le chiedeva il perché di questa sua decisione, rispondeva che avrebbe parlato solo con il dottor Caponnetti. Ieri finalmente, dopo cinque giorni, uno psichiatra è riuscito a convincerla, parlandole ininterrottamente per più di due ore, a salire su un’ambulanza e a seguirlo per una visita all’ospedale. L’episodio ha come modelli letterari “Wakefield” di Nathaniel Hawthorne, storia di un tizio che esce di casa senza dire nulla e abbandona la moglie senza un motivo per andare ad abitare nel palazzo di fronte, dalla cui finestra osserverà la propria assenza, e “Il barone rampante” di Italo Calvino, nel quale un bambino per una bizza sale su un albero dove trascorrerà tutta la sua esistenza senza mai scenderne. Ma il comportamento della signora richiama anche lo zio Ciccio Ingrassia dell’“Amarcord” felliniano o certi personaggi di Marenco e Bracardi in “Alto gradimento”, soprattutto per il dettaglio del fantomatico dottor Caponnetti. Nell’arte la follia è una musa feconda di ispirazione, nella realtà può essere fonte di dolore e disperazione per chi ce l’ha. Per il pubblico dell’arte e gli osservatori della realtà costituisce sempre un’occasione preziosa di nutrire l’immaginazione, strigliare la pigrizia mentale e meditare sul mistero della nostra vita. Così ambigua e contraddittoria da poter essere riflessa limpidamente solo da un comportamento inspiegabile.

Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

“Nell’arte la follia è una musa feconda di ispirazione, nella realtà può essere fonte di dolore e disperazione per chi ce l’ha.”
Da ELOGIO DELLA FOLLIA – Editoriale di Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

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