Lo stile, come il coraggio per don Abbondio o lo swing per Renzo Arbore, chi non ce l’ha non se lo può dare. Ma che cosa è lo stile, mi chiedevo leggendo l’ottimo editoriale di Filippo Martinez? Lo definì bene Baldassar Castiglione nel Cortegiano: “fuggir quanto più si pò, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione, e usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò che si fa e si dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi”. Cioè disinvoltura, spontaneità e naturalezza. Stare al mondo parlando e muovendosi in mezzo agli altri, liberi dall’assillo della bella o brutta figura, cercando di rimanere sempre agganciati alla genuina identità di chi siamo, piuttosto che a come vorremmo essere noi o a come vorrebbero gli altri che fossimo. Lo stile è interclassista: possono averlo un contadino o un operaio e può mancare a un nobile o a un potente. E’ altruista, perché regala grazia e serenità al prossimo, rilassato di fronte a un esempio di verità, e perché è nutrito dalla coscienza della finitezza propria e altrui ed è divertito dallo stupore per lo spettacolo del mondo. Ed è proprio chi lavora nel mondo dello spettacolo che fa trasparire meglio lo stile o la sua assenza: traboccano di stile Totò e Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, Carmelo Bene e Vittorio Gassman; ne è un campione Adriano Celentano, incantatore incantato sempre in mirabile equilibrio tra showman e spettatore del suo stesso show. Ne sono totalmente privi Massimo Ranieri e Toni Servillo, l’uno troppo sudato e faticone nell’agitazione priva di distacco, l’altro troppo distaccato nel compiacimento di guardarsi recitare. Fregati entrambi dalla smania di sembrare bravi. Smania da cui fu sempre esente il grande Charles Bukowski, giustamente citato da Martinez come maestro di stile. Lo stile infine è così democratico e misericordioso che può toccare anche ai banditi. Non sfiorò mai il povero Totò Riina, ma va riconosciuto almeno a un feroce criminale come Renato Vallanzasca. Il quale, intervistato in carcere nel 1977 da un giornalista politicizzato dall’aria del tempo, che gli chiedeva se non si rendeva conto di essere anche lui una vittima della società capitalista, rispose così: “Non diciamo cazzate”.
Fabio Canessa
(Preside del Liceo Olistico Quijote)
traboccano di stile Totò e Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, Carmelo Bene e Vittorio Gassman (da FENOMENOLOGIA DELLO STILE, editoriale di Fabio Canessa)