Trent’anni fa, il 27 ottobre 1990, ci lasciava Ugo Tognazzi, uno dei più grandi mattatori della commedia all’italiana, quella nobile di allora, che ha segnato un’epoca. Tra le tante scene memorabili dei film di cui è stato protagonista ne voglio ricordare una, che oltre al divertimento ci offre un insegnamento di particolare attualità. È tratta da Amici miei – Atto II, un film del 1982, diretto da Mario Monicelli, come il primo del 1975. Entrambi sono rimasti giustamente celebri per le “zingarate toscane”, pezzi di autentica e sana ironia che ci facevano abbandonare la quotidianità inducendoci, nel contempo, a riflettere sulle cose del mondo. L’episodio narrato è quello della crudele beffa inscenata ai danni dell’odioso Sor Savino Capogreco, strozzino del conte Mascetti, interpretato magistralmente appunto da Ugo Tognazzi. Per punirlo gli amici di quest’ultimo idearono un colpo di genio, frutto di fantasia, intuizione e velocità d’esecuzione: approfittando del fatto che, mentre era in macchina con loro, aveva chiesto di fermarsi perché aveva un urgente bisogno corporale da soddisfare, uno di essi lo seguì, sottraendogli furtivamente il maleodorante prodotto del suo esercizio fisiologico. Il seguito nel film è esilarante e tragico al contempo: la vittima si guarda attorno smarrita e si chiede: “Ma dove l’è?”. Sorpresa, e poi smarrimento e disperazione: “Ero sicura di averla fatta” dichiara agli artefici dello scherzo feroce nei suoi confronti: tutto normale, io l’ho fatta ma per terra non c’è niente”. Cogliendo la palla al balzo uno degli amici di Mascetti, il chirurgo Sassaroli, emette il suo verdetto: caso tipico di defecatio isterica. Si ha la chiara impressione di defecare e non esce nulla: è il retto che viene colpito da atonia isterica, se non si sblocca è la fine”.
La morale che possiamo trarne è che è pericoloso nascondere sotto il tappeto gli escrementi che produciamo, la parte più bassa e meno nobile della attività del nostro corpo, facendo finta che non ci siano. La defecatio isterica è la sindrome che colpisce tutti coloro, e sono sempre di più, che cercano di ammantare di nobiltà, con incredibili contorsionismi verbali, scelte dettate da puro opportunismo, come l’insana tendenza a salire sempre sul carro del vincitore di turno, calpestando ogni residuo di propria dignità. A uno di questi, un suo ex allievo che lo aveva tradito, un mio collega e amico ha impartito una lezione esemplare, dicendogli a muso duro: “Tu sai maneggiare bene la dialettica che ti ho insegnato, al punto da credere di poter convincere gli altri della bontà di ogni tua perversa decisione. Sappi però che non riuscirai mai a convincere me che la merda non puzza”.
Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)
Da GLI EFFETTI PERVERSI DELLA DEFECATIO ISTERICA – Editoriale di Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)