IL CULTO DEI MORTI


Editoriale del 12 novembre 2014

Nei tempi pre-storici, il culto dei morti dominava su tutti gli altri, come dimostrano proprio i misteri eleusini che abbiamo visto in precedenza. La stessa forma delle urne cinerarie prima e dei monumenti sepolcrali dopo tendono a evocare quella dell’abitazione, sottolineando la doppia esistenza dell’essere umano. Il regno dei vivi non è il regno dei morti, ma i vivi non possono fare a meno dei morti.
Nella Grecia premicenea era usanza, addirittura, inumare i morti nel sottosuolo delle case. E non è una cosa assurda visto che in epoca abbastanza recente c’era l’usanza di inumare in chiesa i defunti più illustri, a segnale di una morte che supera la vita o almeno il senso della vita.
La sorte dei defunti nell’aldilà era immaginata come larvale e triste, una specie di sopravvivenza a se stessi. Una morte oltre la morte. Oggi la morte è doppia. Innanzitutto perché non si crede più a un’esistenza ultraterrena. E in secondo luogo perché, a causa di ciò, la cerimonia funebre è spiccia e sbrigativa. Si viene collocati in un loculo di cemento in modo indifferente e indistinto. In modo che sia più complesso per Dio riconoscerci nell’aldilà.

Raimondo Bruno
(Magonauta di Aristan)

COGLI L’ATTIMO

 

da Il caro estinto (1965) di Tony Richardson con Rod Steiger, James Coburn, Dana Andrews, John Gielgud.

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