IL FAMILISMO AMORALE E I SUOI DERIVATI


Editoriale del 20 novembre 2019

Nella fenomenologia dell’abuso di eccesso di potere, trattato nella precedente riflessione sui riflessi condizionati causati dall’eccessivo potere che la società Juventus esercita nel calcio italiano, si ascrive, purtroppo a buon diritto ( e dico purtroppo per la stima che ho sempre avuto per il personaggio), Carlo Ancellotti. E se anche un uomo come lui è caduto nella trappola “del posso fare, quindi faccio a prescindere”, allora la situazione etico/morale del Paese è più grave di quel che si possa immaginare. Occorre ricordare come l’etica e la morale siano importanti non solo per un sano andamento di una qualsiasi comunità, ma anche perché ci consentono di misurarci con uno dei valori più importanti dell’esistenza, forse il più importante, ovverossia l’esercizio della nostra libertà. Un esercizio di una corretta libertà che, forse, avrebbe dovuto impedire ad Alessandro Alciato, in nome di un lieve conflitto d’interesse (il giornalista Sky è autore di ben tre libri fin troppo agiografici su Carlo Ancellotti), di intervenire sulla polemica montante in queste ore su Davide, il figlio trentenne del tecnico di Reggiolo. La difesa senza condizioni di Davide è lo specchio di un Italia dove molti hanno dimenticato cosa sia il concetto di responsabilità. Dove molti giornalisti hanno dimenticato il senso del loro mestiere.
“La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: ho famiglia”. Questo celebre aforisma, attribuito a Leo Longanesi a partire dal primo dopoguerra, diede vita al concetto sociologico del “familismo amorale” e ad un libro, “Moral Basis of Backward Society” (le basi morali di una società arretrata), in cui il politologo Edward C. Banfield, in collaborazione con la moglie Laura Fasano, provò a tracciare, dopo un soggiorno di nove mesi in un piccolo centro della Lucania, i motivi dell’arretratezza socio/economico/culturale di alcune determinate comunità, a causa di alcune perversioni della natura del “familismo”. Motivi che, secondo lo studioso americano, porterebbero a “massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo”. Ciò che contraddistingue chi cade nel familismo amorale è una certa indifferenza verso “l’ethos comunitario”. La famiglia,e i suoi interessi, vengono prima di qualsiasi altra considerazione di giustizia e correttezza verso la comunità a cui si appartiene. E se il Napoli Calcio è un bene comunitario, e a mio parere lo è, allora Carlo Ancellotti ha commesso un errore imperdonabile a far assumere il figlio Davide come suo vice allenatore. Perché con i beni comunitari non si può fare quel che si vuole, specie approfittando di un temporaneo enorme potere contrattuale. E sia chiaro come Aurelio De Laurentiis non sia esente all’errore di aver accettato una situazione del genere. Aggravata dall’aver voluto accontentare anche Katia Ancellotti, assumendo il giovane marito, Beniamino Fulco, nel ruolo di “Performance Manager”, un ruolo professionale (in Serie A presente solo nello staff tecnico del Napoli) che sta ad una squadra di calcio, esattamente come un altoforno di un’acciaieria starebbe ad un panificio. Questa storia ricorda, con qualche diversità, la lunga e tribolata trattativa per il rinnovo del contratto di Gianluigi Donnarumma, giovane portiere fenomeno del Milan. Una delle chiavi di volta per la sospirata firma contrattuale di uno dei più promettenti talenti del calcio italiano è stato quello di accontentare un desiderio di famiglia. Al fratello di Gianluigi, Antonio di professione portiere, è stato assicurato un contratto da un milione di euro fino al 2021. Cifra spropositata per un portiere dalla carriera modesta, per non dire modestissima, e dal talento indecifrabile. Ma la famiglia Donnarumma questo ha preteso, soprattutto per garantire la serenità del campione Gianluigi. Al Milan, al povero Milan di questi tempi, non è rimasto che firmare un contratto oneroso, su cui tutto il mondo continua a ironizzare. Non si è mai visto un terzo portiere, perché di fatto questo è il ruolo di Antonio Donnarumma, a cui sia stato accordato un ingaggio del genere. Un milione di euro per non giocare mai, è meglio che giocare due colonne improbabili per una improbabile vincita al superenalotto; a volte in Italia al familismo amorale non si riesce a negare nulla. Non è da condannare un padre, Carlo Ancellotti, alla ricerca di una strada per la realizzazione di un figlio; ed è umano e quasi logico cercare nell’ambiente in cui si è sempre lavorato un futuro per i propri figli.
Ma la modalità che l’ex campione del Milan di Arrigo Sacchi sta usando con Davide, sono tra il patetico e l’uso irricevibile che sta facendo del potere derivatogli da una carriera luminosissima. Avrebbe dovuto trattenersi dal far cominciar l’avventura calcistica dell’amato figlio da talmente in alto, da sembrare ora un iperbole buffa. Potrebbe anche essere, Davide, l’Einstein della panchina, ma il metodo usato dal padre per tentare di rivelarlo al mondo non solo non è stato tra i migliori, ma si colloca in cima alla classifica dei peggiori. L’amore paterno ha reso talmente ingenuo e imprudente uno tra i più titolati tecnici italiani di ogni tempo, da fargli dimenticare come il calcio possa essere molto duro e triviale, in tempi di vacche magre. Doveva immaginare che se le cose, al Napoli, avessero cominciato ad andar male questa cosa del figlio e del genero non sarebbe passata inosservata. E nel caos creatosi in questi ore nello spogliatoio della società partenopea, è proprio Davide ad essere stato indicato come una delle principali fonti di malumore dei giocatori azzurri. Sono certo che Carlo Ancellotti potesse trovare un posto in qualche squadra di Serie B o di LegaPro per il proprio pargolo, al fine di consentirgli sul serio di provare il suo valore supposto. Fa tenerezza Davide quando, in una intervista, sottolinea come, sentendosi un privilegiato, voglia dimostrare di meritare le opportunità che il padre gli sta offrendo a piene mani. Fin da quando l’allora allenatore del Paris Saint Germain, lo spedì ad allenare, fresco di laurea in scienze motorie, ad allenare nel settore giovanile della squadra parigina senza conoscere una parola di francese. Fa tenerezza, il figlio di Carlo, perché nessuno deve avergli mai spiegato come le cose, in genere, bisogna meritarle prima di ottenerle, non dopo averle ottenute. Fa tenerezza, inoltre, perché sostiene di impegnarsi molto nel suo lavoro nel calcio, perché non vorrebbe mai che qualcuno gli desse del raccomandato. Spero si capisca in quale sorta di tragicommedia il ragazzo si sia infilato, perché è evidente il suo totale scollamento con la realtà che gli appartiene. A volte sarebbe meglio il silenzio, in attesa di parlare in tempi migliori. Ma la vanità frega continuamente chiunque, figuriamoci un trentenne catapultato nel mondo dorato del top del calcio mondiale.
E in silenzio, come detto, avrebbe dovuto restare Alessandro Alciato, perché la difesa da lui operata per Davide avrebbe fatto innervosire persino il Mahatma Gandhi, noto per i suoi atteggiamenti pacifici. Forse un giorno,ma non ne sono per niente sicuro, il giornalista di Sky capirà come non basti citare un curriculum ottenuto grazie alle continue cooptazioni paterne, per giustificare l’ingiustificabile. Ricordo all’intrepido giornalista che il potere andrebbe gestito con equilibrio, non esibito come un abuso reiterato. Indiscrezioni maliziose dicono come Davide anche al Bayern di Monaco fosse poco sopportato e stimato dai super campioni del club più titolato di Germania. Pare sia stata una delle cause del divorzio del Carlo nazionale dalla società bavarese. Non sarà più possibile provare se ciò sia vero o falso, ed è questo il tremendo lascito che Ancellotti padre sta lasciando al figlio. Do un consiglio non richiesto al giovane Davide, ricordandogli come esista l’istituto delle dimissioni. Si dimetta dall’incarico di vice allenatore del Napoli, lo faccia prima che la storia superi ogni ulteriore tentativo di provare a mettere una pezza ai suoi errori e a quelli di suo padre. Una voce molto informata sulle cose del Napoli, mi ha parlato di un De Laurentiis pronto ad una clamorosa svolta per provare a frenare il caos che regna nella sua squadra. Pare che il presidentissimo abbia in mano il sì Josè Mourinho, ritenendo lo “Special One” l’ antidoto ideale per il disastro provocato da un allenatore che tanto aveva promesso, ma che poco ha mantenuto, se non laute prebende ai famigli. Se l’indiscrezione fosse confermata dai fatti, sarebbe, a mio parere, l’inizio di un’epopea napoletana simile a quella di quando Diego Armando Maradona sbarcò all’ombra del Vesuvio. Napoli ha proprio bisogno di un tipo speciale. Lo meritano i napoletani, perché finalmente coronino il loro sogno di andare all’assalto al potere della Juventus.

Anthony Weatherill (ha collaborato Carmelo Pennisi)

 

Fa tenerezza, il figlio di Carlo, perché nessuno deve avergli mai spiegato come le cose, in genere, bisogna meritarle prima di ottenerle, non dopo averle ottenute. Fa tenerezza, inoltre, perché sostiene di impegnarsi molto nel suo lavoro nel calcio, perché non vorrebbe mai che qualcuno gli desse del raccomandato.(da IL FAMILISMO AMORALE E I SUOI DERIVATI – Editoriale di Anthony Weatherill (ha collaborato Carmelo Pennisi)

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