Vi chiederete perché in questo momento non sono al funerale del pipistrello.
Vi chiederete anche come mai sono ancora vivo visto che, quando ci siamo lasciati, il nostro piccolissimo aereo che avrebbe dovuto portarci all’isola di Nauru rotolava nella tempesta, perduto in una notte nera come la pelle di un keniota al buio.
Ebbene non sono al funerale di Icaro, il pipistrello, perché l’ho ucciso io e non mi hanno voluto. In quanto al fatto che non sono morto, che nessuno di noi – tranne il pipistrello – è morto, la risposta è tutta nella fortuna metafisica di Nichi che è riuscito a compiere il più miracoloso atterraggio di fortuna nella storia dei voli umani dal tempo dei fratelli Wright. Solo quando le luci dell’alba hanno incominciato a illuminare la scena abbiamo capito che eravamo a Kapingamarangi, ancora a Kapingamarangi; nel punto esatto da dove qualche ora prima eravamo decollati. Icaro era una delle due cavie sulle quali Ghighi Gessa sperimentava gli effetti del Sakau*, l’ho schiacciato involontariamente mentre, frastornato, scendevo dall’aereo. Il funerale l’ha voluto proprio Nichi Grauso, l’altra cavia, perché considerava questo chirottero un collega.
Ora li vedo in lontananza, controluce, mentre procedono in fila indiana verso la radura delle palme incrociate; Icaro riposerà in una piccola fossa proprio al centro di questa gigantesca doppia vu. Alla cerimonia, oltre a Nichi, Andrea e Ghighi stanno partecipando quattro ieratiche ragazze indigene, molto belle. Mi avvicino. Nichi sta pronunciando un’orazione funebre. Per l’occasione ha voluto indossare un costume cerimoniale del luogo.
È inguardabile.
Filippo Martinez
**Bevanda narcotica tipica della Micronesia
COGLI L’ATTIMO
da Die Fledermaus (Il pipistrello) operetta di Johann Strauss. Questa è l’aria del Principe Orlovsky cantata da Claudio Giombi.