Ora che il più celebre e autorevole critico letterario americano è morto, andando a raggiungere gli amati classici di cui egli stesso è entrato a far parte, anche chi rifugge dalla saggistica, per allergia alla noia e alle elucubrazioni cervellotiche, provi a leggere Harold Bloom, che non scriveva per specialisti o addetti ai lavori, ma per tutti. Perché non aveva il vezzo del cavillo semiologico né il gusto di destrutturare o sviscerare alcunché, ma era rimasto, ahimè, l’unico a pensare in grande, ad avere il coraggio di praticare la critica militante esprimendo giudizi netti, a porsi di fronte alla letteratura chiedendosi sempre quale utilità essa abbia per la vita. Dopo essere riuscito a “Rovinare le sacre verità” (Garzanti) e aver compilato “Il canone occidentale” (Bompiani), ha osato selezionare, in un migliaio di pagine, cento grandi della scrittura per tracciare il profilo del genio e interrogarsi sul senso dell’eccellenza. “Il genio” (Rizzoli) è una sorta di Bignami di lusso, che distribuisce “questi cento geni del linguaggio” in dieci gruppi ispirati alla cabala e avvince il lettore sintetizzando in poche pagine la vita e l’opera di Dante e Shakespeare, Lucrezio e Sant’Agostino, Tolstoj e Dostoevskij, Omero e Kafka, Virgilio e Proust, Platone e Faulkner. Una sfida a se stesso, ma soprattutto alla mediocrità del “pensiero di massa” e alla polvere delle “nostre obsolete istituzioni accademiche”. Si legge con crescente entusiasmo per la scrittura asciutta e il grande respiro che accosta e alterna luoghi, tempi e culture diverse, producendo sorprendenti corti circuiti fra autori che pensavamo distanti tra loro anni luce. Ma è anche il più agile e stimolante manuale, da consultare come guida alla lettura dei giganti immortali della storia letteraria. E da regalare ai più giovani come un’educazione al gusto. Contro “lo studio della mediocrità” che “genera mediocrità”, in una società dove “non accettiamo tavoli e sedie le cui gambe si staccano, qualunque falegname le abbia costruite, ma spingiamo i giovani a studiare letteratura mediocre, priva di gambe che la sostengano.”
Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)
era rimasto, ahimè, l’unico a pensare in grande, ad avere il coraggio di praticare la critica militante esprimendo giudizi netti, a porsi di fronte alla letteratura chiedendosi sempre quale utilità essa abbia per la vita. (da IL GENIO DI HAROLD BLOOM – Editoriale di Fabio Canessa)