IL MIO NOME È LUCIO


Editoriale del 5 gennaio 2018

Il jazzista, il clarinettista clown, il giullare, il cantautore filosofo, l’inventore del pop artistico italiano, l’amante del cinema e di Fellini tanto da trasformare le sue storie in piccole sceneggiature animate da personaggi del mondo reale a cui ha restituito dignità – ballerine, marinai, barboni, ladri, puttane, adolescenti, sportivi, cani e gatti neri… – forse non si è reso conto della sua grandezza creativa.
È riuscito, con una musica sempre diversa e coinvolgente e con una lirica di una semplicità disarmante – “Potrebbe averli scritti anche mia zia” – a trasmettere emozioni senza tempo, a dipingere sentimenti che da subito sentiamo nostri.
È facile identificarsi in giovani di periferia che rischiano di restare vittime dei loro sogni, perennemente indecisi se andare lontano alla ricerca di un vita migliore o fermarsi in questo difficile mondo e nel frattempo si prendono per mano per trasmettersi coraggio. O nel famoso cantante lirico vecchio e malato che prima di morire rivede i successi del passato e la gioventù che non torna, ma allo stesso tempo vive un sentimento che non ha età, l’amore per la sua giovane allieva e nel vedere la sua vita “come la scia di un elica” si sente affogare nella lacrima che solca il viso della ragazza.
Grazie Lucio per il tuo look (occhiali tondi, barba incolta, basco o Borsalino, canottiera o poncho messicano, pessimo parrucchino giallo), per le tue umanissime contraddizioni (sognavi un futuro da giocatore di basket ed eri alto 1 e 60; tutti i cantautori degli anni 70 si dichiaravano colti o laureati e tu non avevi neanche un diploma; andava di moda essere di sinistra e atei e tu non hai mai rinnegato la tua fede cristiana; quasi tutti spifferavano ai quattro venti le loro conquiste amorose e tu non hai mai parlato della tua vita privata), per le tue graffianti corde vocali che ti permettevano escursioni disumane, per il tuo genio creativo e per la tua malinconica allegria.
Canzone consigliata, tra le minori, da ascoltare imbottiti di serena nostalgia, solitudine o amichevole compagnia: “Amici”, naturalmente ad alto volume e tanta fedeltà.
Ciao Lucio, ci manchi.

Paolo Putzu (Luciodallista di Aristan)

Il jazzista, il clarinettista clown, il giullare, il cantautore filosofo, l’inventore del pop artistico italiano, l’amante del cinema

e anche l’attore… da I sovversivi (1967), scritto e diretto da Paolo e Vittorio Taviani. Lucio Dalla è Ermanno

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