Le trattative per la formazione del nuovo governo e i personaggi che le conducono fanno pensare a questa frase: “Ciò che lo intelletto have a schifo, spiace e non si dèe fare”. E’ il principio cardine del galateo, nelle parole di monsignor Della Casa.
L’etichetta non è futile, anzi è la forma suprema dell’etica: la più codificata, perfetta, formalizzata e intellettuale, l’unica davvero capace di mantenere in piedi qualsiasi civiltà. Dove si trascurano i riti, immediatamente arriva la barbarie. In Occidente questa verità è trascurata o timidamente sostenuta da autori minori: Della Casa, Lina Sotis.
Non così l’Oriente, e specialmente la Cina confuciana. Il filosofo confuciano dell’etichetta, per eccellenza, è Meng, che nella filosofia Altra ha il peso e il ruolo di Platone nella Nostra, benché sia vissuto circa un secolo dopo.
Meng (Mencio per i gesuiti: è l’unico filosofo cinese a godere del privilegio di un nome latino, a parte Confucio) ritiene che i riti siano ciò che distingue l’uomo non solo dall’animale, ma da tutto il resto del creato. I riti sono l’inchiostro con cui l’uomo scrive sul foglio vuoto dell’essere e gli dà senso. I riti delimitano l’asse del mondo e quindi permettono di trovare il Centro, il luogo al quale ogni cosa è destinata e dalla quale non deve mai allontanarsi, pena barbarie, decadenza, distruzione, dissoluzione e morte. Identificare il Centro e tenervisi ancorati è il principio dell’unica santità: una santità solida, fissata alla terra e al buon senso, priva di pretese moralistiche o ascetiche, stabile e rassicurante.
Gianluigi Sassu
(Asiatista di Aristan)
L’etichetta non è futile, anzi è la forma suprema dell’etica: la più codificata, perfetta, formalizzata e intellettuale, l’unica davvero capace di mantenere in piedi qualsiasi civiltà. (da L’INCHIOSTRO PER IL FOGLIO VUOTO DELL’ESSERE, editoriale di Gianluigi Sassu)
da Continuavano A Chiamarlo Trinità (1971) diretto da E.B. Clucher nel con Bud Spencer e Terence Hill