Non esistono ragazzi filosofi. Vale forse per Atene, città dove gli adolescenti praticavano sport nudi per prepararsi alla guerra e alla stima di sè, e semmai intrattenevano dialoghi filosofici con maestri maturi non senza reciproco turbamento.
Ma non vale per la Cina, dove Wang Bi, uno dei filosofi maggiori, vissuto nel terzo secolo (mentre Roma perseguitava i cristiani), è morto a ventitrè anni dopo aver raggiunto le vette più alte del pensiero. Ne esiste un pensoso ritratto, che lo mostra molto più maturo della sua età, malinconico e dolce. Io non conosco un filosofo occidentale che sia riuscito a lasciar tracce di sè morendo ventenne, tranne Carlo Michaelstadter, promessa naufragata più che autore vero.
Ma Wang Bi ha raggiunto la più alta profondità possibile, quella che apre le porte del nulla, e superata la quale c’è solo il nulla.
Per Wang Bi, causa di tutto è il “Wu”, che significa “l’assenza”. Per spiegare questo mistero non sa che paragonarlo all’acqua, l’elemento più molle, senza forma nè confini, l’elemento più simile al nulla, appena al di qua della soglia dell’inesistente. Eppure, l’acqua è madre di ogni cosa, e vince ogni cosa.
Gianluigi Sassu (Asiatista di Aristan)
Per Wang Bi, causa di tutto è il “Wu”, che significa “l’assenza”. Per spiegare questo mistero non sa che paragonarlo all’acqua, l’elemento più molle, senza forma nè confini, l’elemento più simile al nulla, appena al di qua della soglia dell’inesistente (da IL RAGAZZO FILOSOFO, editoriale di Gianluigi Sassu)
Bruce Lee e la filosofia dell’acqua