E’ riaperto a Rimini il cinema Fulgor, chiuso dieci anni fa insieme a tante altre sale collocate nei centri delle città italiane. Se il settore è in crisi (ma solo da noi, non certo in Francia e tantomeno in Germania, che ha incrementato di molto il numero degli spettatori) è colpa anche del dissennato decentramento nelle periferie di giganteschi multisala dalla programmazione omologata, che ha privato il pubblico più colto e meno giovane del cinema sotto casa e lo ha spinto a sedersi sul divano per addormentarsi davanti alla tv. La notizia andrebbe festeggiata solo perché la riapertura di una sala chiusa è un caso più unico che raro. Ma in questo caso l’evento è particolarmente felice perché il Fulgor, inaugurato nel 1914, è il primo cinema in cui entrò da bambino Federico Fellini: aveva 5 anni quando il nonno lo portò a vedere “Maciste all’Inferno”, di Guido Brignone, un film muto mitologico e fantastico che stregò il piccolo Federico e che segnò profondamente il suo immaginario, fino a diventare il primo tassello di una vocazione prodigiosa. In molte interviste, Fellini ricordava la forte impressione dei potenti primi piani del torvo demone Barbariccia e il trucco pesante della maliarda Proserpina che trasforma Maciste in un diavolo e lo incatena a una roccia per sedurlo. Nacque allora in lui la fascinazione per un rito magico che trasfigurava il mondo in un circo ricco di umori comici e horror, avventurosi e sentimentali, dove le emozioni amplificate della realtà si sprigionavano dal trucco della fiction. Da allora il cinema Fulgor diventò il luogo dell’anima di Fellini, che lo frequentò assiduamente e lo celebrò citandolo in “Roma”, “Amarcord” e “La città delle donne”. Oggi un sontuoso restauro dello scenografo Dante Ferretti lo ha rimesso a nuovo in stile Hollywood anni Trenta, facendone il tempio emblematico di un’arte concepita come macchina dei sogni quale fu sempre per Fellini. E l’altra sera il nuovo Fulgor è stato inaugurato proprio con la proiezione di quel “Maciste all’inferno” che fu il primo film che lui vide. Anche se al posto delle “pancacce” di quel lontano 1925 ci sono comode poltrone rosso peplum e lo “steccato che divideva, come nelle stalle, i posti popolari da quelli distinti” non c’è più, anche se il biglietto non costa una lira e dieci ma dieci euro, non fa niente: l’arte di Fellini si basa proprio sullo stravolgimento della memoria. E sulla suggestione del Genius Loci, che ammanta di struggenti fantasmi quella stregoneria incantata che è il cinema, supremo frullatore di tempo e spazio, presente e passato, capace di fondere ricordo, sogno e realtà nel tripudio dello spettacolo. E il nome Fulgor sembra già contenere in sé tutto questo.
Fabio Canessa
Preside del Liceo Olistico Quijote
il trucco pesante della maliarda Proserpina che trasforma Maciste in un diavolo e lo incatena a una roccia per sedurlo (da IL TRUCCO E L’ANIMA, editoriale di Fabio Canessa)