“Spero di no”, romanzo a puntate


16 ottobre 2013

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Capitolo 12 – IL VALORE DEL TEMPO

La pipì del mattino, la più importante, dura quasi sempre più di un minuto (verificate pure: dopo una ventina di secondi si prova un senso di appagamento e sembra stia per finire, invece a quel punto non si è nemmeno a metà dell’opera: sta solo diminuendo la gittata che, lentamente, si avvia allo sgocciolamento finale); nel corso della giornata, poi, ci sono almeno altre due o tre pipì e di queste l’ultima, spesso, è lunga quasi quanto quella del mattino. Insomma possiamo dire senza sbagliare di molto che, mediamente, passiamo tre minuti al giorno facendo pipì. Se consideriamo che ormai la vita media degli individui che non la inquinano con rancori o tormenti irrisolti, non fumano, non sono perseguitati dalla scarogna e non si iscrivono a tornei di roulette russa in Viet-Nam, dura circa 85 anni, possiamo affermare che trascorriamo 93.075 minuti (che vuol dire 1.551 ore e 25 minuti, che equivalgono a oltre 64 giorni e mezzo ininterrotti che, levando 8 ore di sonno al giorno, diventano quasi 97 giorni) con l’attrezzo in mano – parlo ovviamente dei maschietti – davanti a un water, a un muro o in un prato. Se consideriamo che Michelangelo ha impiegato più o meno lo stesso tempo per dipingere la vertigine di beati intorno al Cristo possente che, nella luce, solleva il braccio destro a scandire il centro glorioso del Giudizio Universale, una delle opere più importanti nella storia dell’Uomo, possiamo dire che paghiamo un prezzo altissimo per questo aspetto della manutenzione ordinaria del nostro corpo. Un tempo che, a parte quel gradevole senso di sollievo che proviamo quando far pipì è una necessità impellente (ma generalmente preveniamo queste situazioni estreme), viviamo come una seccatura; una cosa da risolvere quanto prima cercando di evitare sgocciolamenti aldilà del water – sempre rinfacciati – o dispersioni fastidiose di gocce superstiti nelle mutande dopo il “rinfoderamento”.
Il fatto positivo quando si è in carcere è che si può trovare il tempo per utili riflessioni, come questa.
Mi hanno arrestato ieri e, poiché sono l’avvocato di Stefano Floris, il processo a suo carico è stato rinviato. Il carcere di Kapingamarangi ha tre celle: in una, come detto, c’è Stefano; sta da solo perché è considerato pericoloso. Io sono con Antonio e Nago, due indigeni. Ozzy Osbourne, Nichi Grauso e Harold, un altro indigeno, occupano l’altra. A parte Stefano, siamo tutti dentro per la stessa rissa. È andata così: Nichi, che come sappiamo non riesce a consolarsi per la morte del pipistrello Icaro, suo collega-cavia, quando ha saputo dell’imminente arrivo a Kapingamarangi della rockstar Ozzy Osbourne che durante un concerto aveva staccato la testa con un morso a un pipistrello vivo, vestito da Batnik (il costume che indossa dopo la morte di Icaro) lo ha atteso sul molo sotto una pioggia scrosciante e, quando Ozzy è arrivato, gli è saltato addosso per picchiarlo. Io sono intervenuto per separarli ma dal gruppetto indigeno di curiosi che assisteva alla scena è partito, in italiano (è incredibile quanti kapingamarangesi parlino l’italiano), un ingiustificabile insulto a mia sorella. Io non ho sorelle ma è l’intenzione che conta; dunque ho reagito. In breve nella colluttazione sono confluiti, menando colpi a caso, altri due indigeni. Alla fine quando gli animi si sono calmati Antonio, uno dei miei attuali compagni di cella, ha detto che ci spettavano 48 ore di carcere; questo infatti è il prezzo che si paga qui a Kapingamarangi per una rissa (si paga in ogni caso: che si abbia torto o ragione) e noi, disciplinatamente, ci siamo presentati a Slim, la guardia carceraria, per pagare il nostro debito. Durante il tragitto Nichi e Ozzy hanno fatto pace (li ha uniti la scoperta casuale di essere grandi estimatori del poeta seicentesco John Donne) e Ozzy ha giurato che non avrebbe mai più ucciso alcun pipistrello e, anzi, avrebbe scritto un brano in memoria di Icaro. Questa mattina Slim ha concesso a Ozzy di entrare nella cella del suo grande amico Stefano per riabbracciarlo; la visita è durata pochi minuti. Le nostre 48 ore di carcere terminano questo pomeriggio. (continua)

Filippo Martinez

COGLI L’ATTIMO

 

da Gunny (Heartbreak Ridge 1986) diretto ed interpretato da Clint Eastwood

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