Nei miei incubi in fase 2 (in fase 1 sognavo lunghe processioni di bare) sono circondato da untori, tutti perfettamente sani, e attraverso a occhi chiusi strade trafficate. La mia vicina di casa è così contenta di sentirsi quasi libera che minaccia di baciarmi. Sembra che l’unico posto sulla terra dove il coronavirus non è arrivato siano le Isole Svalbard, nell’Artico, non lontano dal polo nord. In un’altra vita vi ho trascorso lunghi periodi, più orsi bianchi affamati che esseri umani. Nel piccolo cimitero di Longyearbyen le croci sono poche e si confondono con la neve, è dal 1950 che non si seppellisce più nessuno: nel permafrost i corpi non si decompongono, meglio cercare una tomba altrove. Quel suolo ghiacciato però custodisce i cadaveri ben conservati di sette giovani minatori che nel 1919 morirono di influenza spagnola. Nel 1998 una spedizione scientifica ricercò nei loro polmoni i segreti di quel virus che aveva ucciso da 20 a 40 milioni di persone. Non fu un grande successo. È tuttavia paradossale che l’unico posto del pianeta al sicuro dal COVID-19, sia anche quello che ospita uno tra i virus più letali che il mondo abbia conosciuto. Io però resto a casa e mi sento al sicuro (“io continuo a stare a casa”). Siamo sul far del tramonto e si è appena alzato in volo il solito elicottero a caccia di sconsiderati che non rispettano un coprifuoco che di fatto non esiste più. Ho ritirato ancora umido il bucato che avevo steso ad asciugare fuori dalla finestra. La vicina, quella che vorrebbe baciarmi, mi ha amorevolmente avvisato che anche i panni sono a rischio: gli uccelli, che in fase 1 si sono moltiplicati, all’imbrunire iniziano la defecazione.
Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure Università di Aristan)
Nei miei incubi in fase 2 (in fase 1 sognavo lunghe processioni di bare) sono circondato da untori, tutti perfettamente sani, e attraverso ad occhi chiusi strade trafficate (da INCUBI IN FASE 2 – Editoriale di Marco Schintu)