Era il 1995 ed ero a Roma nel bel cortile soleggiato del Centro Palatino di Mediaset (che allora si chiamava Fininvest) quando mi vennero incontro Maurizio Costanzo e Alberto Silvestri e mi chiesero di segnalargli un pittore sardo di valore, tra quelli scomparsi. Non ebbi un attimo di esitazione: “Ho un fuoriclasse – dissi – si chiama Giuseppe Biasi, è poco noto ma è stato uno dei più grandi del ‘900”. Sorrisero. Pensarono che mi ero fatto prendere la mano da un raptus di campanilismo regionale. Ma ebbero modo di ricredersi. Bisogna sapere che a quei tempi la loro trasmissione, il Maurizio Costanzo Show, era all’apice del successo e già da alcuni anni aveva inserito nel programma un passaggio semplice e intelligente: ogni volta che Costanzo lanciava quelli che chiamava “i consigli dalla regia” (la pubblicità), prima che partissero gli spot, quasi a purificarli, appariva l’immagine di un dipinto e poi il nome dell’autore. I quadri erano sempre molto belli e i pittori, quasi sempre, semisconosciuti al grande pubblico. Le immagini di ogni autore andavano avanti anche per settimane. Da pochissimo l’editore nuorese Ilisso aveva pubblicato con la sponsorizzazione del Banco di Sardegna il volume fondamentale “Pittura e scultura del primo ’90” curato da Marco Magnani e Giuliana Altea, dove Biasi era ben rappresentato; così misi in contatto Costanzo con la casa editrice che gli inviò le diapositive di molti dipinti (a quei tempi il web non era ricco di immagini come oggi), e lui le mandò in onda. Fu così che, grazie al Maurizio Costanzo Show, Biasi si rivelò in tutto il suo splendore al grande pubblico nazionale. E anche in Sardegna, finalmente, uscì dal ghetto degli addetti ai lavori e degli appassionati.
Io non ho potuto conoscere Biasi (è stato ucciso nel 1945) ma ho respirato la sua pittura; in casa mia da sempre nei dipinti e nei racconti aleggiava la sua presenza. Mio nonno gli aveva addirittura dato le chiavi di casa a Oristano (veniva spesso per ritrarre le donne di Oristano e di Cabras che trovava bellissime). Ricordo che zia Bi – Maria all’anagrafe – da bambino mi fece capire (lei che era un’insegnante di matematica) la sapienza pittorica di Biasi attraverso l’uso perfetto del colore rosso.
Facile immaginare che provo per Biasi una grande riconoscenza e una profonda ammirazione.
È per questo che oggi sono molto arrabbiato. Dovete sapere infatti che un giudice del tribunale di Genova ha attribuito a lui una crosta inguardabile. Avete capito bene: un giudice.
Ma andiamo con ordine: due anni fa Giovanni Fiora mi inviò la foto di un dipinto intitolato “Donne in strada” di proprietà del Centro Biasi di Sassari di cui è il fondatore. Era indignato perché una critica d’arte (Giuliana Altea) e alcuni funzionari della Sovrintendenza alle Belle Arti avevano detto che si trattava di un falso, e voleva il mio parere. Eccolo:
“Gentile Giovanni, con vero dispiacere le dico che quel dipinto non è di Biasi, non può nemmeno essere considerata un’opera mal riuscita di Biasi. Proprio non è suo. Manca il suo DNA. Ci sono gravi errori di disegno (la mano sul fianco nella donna a sinistra, la traiettoria insensata della gamba destra nella bambina appoggiata al muro, l’inarcarsi al limite del contorsionismo della schiena nella donna sulla destra…); il racconto dello spazio è goffo e irreale (mai, nemmeno nelle opere meno riuscite, in Biasi viene meno un corretto racconto dello spazio), i visi delle donne ripetono (male) solo un volto; la descrizione dei panneggi è sempre sbagliata; c’è molta sporcizia pittorica…” ecc.
Conosco da tempo Giovanni Fiora e posso affermare serenamente che non è in discussione la sua buona fede. Non è lui infatti che mi sconcerta: è il giudice. Con quale autorità, con quale competenza, con quali prove può aver attribuito a uno dei grandi maestri del secolo scorso una porcheria di questo calibro? Sappiamo bene quanto poco possiamo fidarci degli attuali esperti d’arte (vedere la recente attribuzione del “Salvator Mundi” a Leonardo), allora fidiamoci dei nostri occhi. Bastano e avanzano. Ossevate il rozzo “Donne in strada” qui pubblicato poi guardate il breve filmato realizzato da Gianni Stocchino qui sotto: c’è una sequenza di quadri di Giuseppe Biasi. Dopo averlo guardato, per cortesia, scusatevi con lui insieme a me per la squallida ingiustizia che ha subito dalla “giustizia”. Dovunque sia speriamo che ci senta.
Filippo Martinez (Estetista di Aristan)
questo è Biasi