Gli dei, cacciati dai templi e dalle città, per Jung sono diventati malattie: ma ora, conquistati in questo modo i cervelli dell’Occidente, ritornano trionfanti come dei, e lo fanno da Sud.
L’Africa è politeista oggi, come lo era Plutarco ai suoi tempi: in modo ambiguo, tollerante, desideroso di pace monoteista ma sempre ritrascinato giù dalla forza concreta dei fatti e dei peccati.
Il politeismo Yoruba è alla base di un buon terzo della cultura pop moderna: radice possente e nera, di cui noi disconosciamo totalmente l’origine. Senza il politeismo Yoruba non c’è Santeria cubana, non c’è voodoo, non c’è jazz, non c’è rock, non ci sono le Afroditi moderne nè la Cibele moderna (la cultura gay). Ogni ritmo della musica degli ultimi cento anni non è altro che il ritmo sacro dedicato a un dio: un ritmo, un dio; un ritmo, una pericolosa evocazione di cui, stupidi, nulla sappiamo.
Di dèi africani ce ne sono buoni e cattivi, a loro si possono dedicare mille puntate (il principio del politeismo è lo stesso delle serie tv: l’accumulo). Oggi mi voglio concentrare su Ogun, il “Prometeo africano” come lo chiama Pepetela (scrittore angolano di pelle bianca e lingua portoghese). In realtà è Prometeo più Vulcano, il sudatissimo dio del fuoco. Ogun inventa la tecnologia, i metalli, usa il fuoco. Libera le genti dalla dipendenza umiliante dalla natura. Nell’Africa occidentale esistono da migliaia di anni caste corporative di metallurghi, di fabbri, così specializzati e gelosi della loro tecnica da sposarsi solo tra loro, tanto da aver sviluppato una lingua propria. Esistevano anche nella Grecia omerica. Ogun, questo dio arcaico che rimanda a pratiche neolitiche, è l’eroe della cultura progressista africana, quella parte di intellettuali africani che vogliono la liberazione del loro continente tramite l’iniziativa locale e non il pietismo nevrotico delle Ong. Ogun è l’Africa pericolosa, ferrea, intraprendente e maschia. Il contrario di quella strappalacrime che piace a troppe “preziose ridicole” occidentali. Io sto con Ogun, io sto con la negritudine sovranista e armata di metallo.
Gianluigi Sassu (Asiatista di Aristan)
https://www.youtube.com/watch?v=W82tnya3cnk
Ogun è l’Africa pericolosa, ferrea, intraprendente e maschia. Il contrario di quella strappalacrime che piace a troppe “preziose ridicole” occidentali. Io sto con Ogun, io sto con la negritudine sovranista e armata di metallo.