LA LEGGENDA DEL SANTO TRUFFATORE


Editoriale del 15 maggio 2018

Per omaggiare Ermanno Olmi, tutti hanno giustamente ricordato i suoi capolavori: “L’albero degli zoccoli” e “La leggenda del santo bevitore”, “Il posto” e “Il mestiere delle armi”, “Il tempo si è fermato” e “Torneranno i prati”. Nessuno ha neppure citato di sfuggita “Durante l’estate”, un’opera del 1971 più intima e segreta, dimessa come il suo protagonista: un insegnante milanese umile e candido, pieno di stupore e ammirazione per l’umanità. Così desideroso di dimostrare riconoscenza nei confronti delle persone che incontra (le quali lo ricambiano con malcelato disprezzo, considerandolo un coglione sfigato) da inventarsi un’araldica personale: compila pergamene che attribuiscono immaginari titoli nobiliari e le consegna ai bencapitati, che reagiscono tra l’indifferenza, l’imbarazzo e l’irritazione. Ognuno riceve una consacrazione della sua regalità, come una venditrice di detersivi che gli bussa alla porta e si ritrova proclamata principessa. Benché tali investiture siano del tutto gratuite (nella Milano dei soldi che diventerà presto “da bere”) e accompagnate da un serissimo rituale, il poveretto viene dileggiato dai suoi beniamini fino a essere denunciato per truffa e finisce in galera come una Vanna Marchi ante litteram, perché i suoi titoli non hanno fondamento. Sarebbe bene cominciare da questo film, apologo tenero e amarissimo, per entrare nel mondo poetico di Olmi e capirne il Dna: il senso sacro dell’esistenza; la missione donchisciottesca di un folle di Dio che ama il Creatore nell’unico modo possibile all’uomo, cioè amando le sue creature, come un San Francesco urbanizzato; l’invito a non umanizzare Dio ma a divinizzare l’uomo; l’elegia malinconica di un amore religiosamente illogico e disinteressato, a dispetto di tutto; la predilezione per gli umili, capaci di stupirsi per il miracolo della vita; infine, una Passione subita non attraverso un’epica flagellazione ma attraverso la bruciante incomprensione e il calvario del ridicolo. L’omino del film abita in un piccolo appartamento del centro di Milano, con un terrazzino di fronte alla Torre Velasca. Quando dissi a Ermanno Olmi che io, ogni volta che passavo da quella via, non potevo fare a meno di volgere lo sguardo con affetto a quel terrazzino, lui ne fu insieme divertito e commosso. L’ho fatto anche il giorno in cui Olmi ci ha lasciato. L’avevo sempre visto vuoto; invece questa volta, appeso alla ringhiera del terrazzo, c’era un ombrello nero.

Fabio Canessa

(Preside del Liceo Olistico Quijote)

il poveretto viene dileggiato dai suoi beniamini fino a essere denunciato per truffa e finisce in galera come una Vanna Marchi ante litteram, perché i suoi titoli non hanno fondamento (da LA LEGGENDA DEL SANTO TRUFFATORE, editoriale di Fabio Canessa)

 

 

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