Il cinghiale in umido e le salsicce alla brace non deludono mai, la zuppa di verdura o è squisita o è pan bagnato. I film horror mi piacciono sempre: se sono belli emozionano a bestia e il tempo scorre veloce, se sono brutti risultano ridicoli e divertono comunque. I film di fantascienza invece o sono capolavori o incatramano le palle, siccome i capolavori sono rari il rischio di sentirsi scartavetrare sotto è piuttosto alto. “Dune” è un romanzone di culto scritto negli anni Sessanta da Frank Herbert, idolatrato dagli appassionati del genere ma di cui potrei al massimo leggere il risvolto di copertina: la sola idea di buttarmi giù un migliaio di fitte pagine che assomigliano ai due film che hanno tratto dal libro mi getta nello sgomento. Un genio come David Lynch, il più grande regista vivente, diresse il primo “Dune” negli anni Ottanta e ne venne fuori una porcheria indigesta, l’unico obbrobrio di una filmografia esaltante. Ora il bravo Denis Villeneuve, a cui si devono opere eccellenti come “Prisoners” e “Arrival”, ci ha riprovato e il risultato è ugualmente sconfortante: noia allo stato puro, la sagra dello sbadiglio, un’immensa rottura di coglioni. Piatto come l’elettroencefalogramma di un cadavere, il film dura due ore e quaranta che sembrano sei: al di là di una confezione superprofessionale (165 milioni di dollari spesi, vorrei anche vedere) c’è il nulla. Non una sequenza capace di suscitare un’emozione, chi se ne frega di quello (pochissimo) che succede: loro sono là algidi e lontani sullo schermo e tu nella poltrona di sala a muovere le gambe irrequieto per l’uggia, vorresti fumare ma al cinema non si può e poi io ho smesso da due anni. In assenza di plot, azione e spettacolo, Villeneuve si affida a una colonna sonora ossessiva, ripetitiva e roboante che, a forza di essere invadente, dovrebbe conferire un respiro epico al film moribondo e, per dare un tocco di sacralità al tutto (la storia è la rivelazione “cristologica” di un giovane messia salvatore), abbonda con il rallentatore, applicato peraltro a sequenze poco significative. Questo era il kolossal che doveva riportare la gente al cinema, invece l’ha messa a nanna e buonanotte. In senso letterale.
Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)
“Un genio come David Lynch, il più grande regista vivente, diresse il primo “Dune” negli anni Ottanta e ne venne fuori una porcheria indigesta, l’unico obbrobrio di una filmografia esaltante.”
Da LA MALEDIZIONE DI DUNE – Editoriale di Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)