LA VERITÀ TI FA MALE LO SO…


Editoriale del 26 agosto 2020

 

Il marchio di fabbrica esclusivo della democrazia, quando essa è autentica, è la trasparenza. Come sottolinea Castoriadis, essa è “quel regime che rinuncia esplicitamente a ogni garanzia ultima e che non conosce altra limitazione che la sua autolimitazione. Ovviamente, essa può trasgredire questa autolimitazione, come è spesso successo nella storia, e può quindi inabissarsi o ribaltarsi nel suo contrario. Ciò significa che la democrazia è il solo regime politico tragico, è il solo regime che rischia, che affronta apertamente la possibilità della propria autodistruzione” in nome della verità, appunto, alla quale non può e non deve rinunciare.

Per questo lascia sconcertati la risposta che, come riporta ‘La Stampa’, Palazzo Chigi ha dato a Giuliana Cavazza, presidente onoraria dell’associazione “Verità per Ustica” e figlia di una delle 81 persone morte nella strage: segreto di Stato per altri 8 anni su Ustica, perché “la verità farebbe male”.

Se si considera che quello di Ustica è soltanto uno dei tanti, troppi misteri italiani, sui quali è stato apposto il sigillo del segreto di Stato, che questo può durare al massimo trent’anni, ma può essere prolungato imponendo sulle carte la classifica di ”segretissimo”, che significa che i magistrati potrebbero leggere questi documenti, ma con tanti vincoli, e che comunque l’opinione pubblica deve continuare a essere tenuta all’oscuro, si può capire quale sia la spada di Damocle che incombe sulla democrazia italiana.

In un libro pubblicato nel 1990, dal titolo programmatico ‘Memorie di un cieco. L’autoritratto e altre rovine’, Derrida “decostruisce” la vista, pensandola assieme al suo rovescio, la cecità appunto. Gli interrogativi posti da questo testo sono intriganti, stimolanti e inquietanti: si vede davvero quando si dice di vedere? E che cosa si vede quando si crede di vedere? Che cosa significa “vedere”, quando la visione si scopre coinvolta, co-implicata, addirittura costituita nel suo intimo da un aspetto di cecità e condizionata da esso? A questi interrogativi ne possiamo aggiungere di nostri. Che tipo di democrazia è quella nella quale lo Stato ritiene di potere e dover tenere in una condizione di cecità non solo i cittadini genericamente intesi, ma anche i parenti delle vittime, negando loro l’elementare diritto di sapere perché i loro cari sono morti, per opera di chi, e per quali motivi? Negare questo diritto dicendo che la verità farebbe male getta ombre pesanti sulle nostre istituzioni e fa ragionevolmente temere che essa sia esposta a continui ricatti e a condizionamenti che, alla lunga, non possono non minarne le fondamenta.

Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)

 

LA VERITÀ TI FA MALE LO SO… – Editoriale di Silvano Tagliagambe

 

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