Il sindaco di Viareggio è stato cacciato da un locale della sua città perché indossava i pantaloncini. Un cameriere imbarazzato gli ha detto “Mi perdoni, ma deve uscire”, il sindaco prima l’ha presa per la battuta di un buontempone, poi, avvilito, è stato costretto ad andarsene a casa. Per preparare la sua vendetta: nel West avrebbe preso la colt e sarebbe tornato al ristorante, oggi invece ha sfoderato la tastiera di Facebook e ha postato una difesa più imbarazzante dell’episodio accaduto. Le giustificazioni sono due, una peggiore dell’altra. Innanzitutto, dice il sindaco, “in quel locale ci ero già stato altre volte di sera e avevo visto altre persone con i bermuda”, scusa tipica dei politici: così fan tutti e mal costume mezzo gaudio. E poi aggiunge che quei pantaloncini li ha pagati 250 euro ed era vestito “con abiti firmati per quasi 1000 euro complessivi. Anzi: 2000 con l’orologio che fa parte dell’abbigliamento”. Che logica cogliona! Il Club Velico Versilia espone un cartello che obbliga gli iscritti ad accedere alla sala ristorante indossando pantaloni lunghi. Magari comprati al mercato con 10 euro, mica dice che gli ospiti devono avere vestiti firmati e costosi. Secondo il ragionamento a gazzosa del sindaco, se mi presento nudo, ma portando al dito un anello da 10 mila euro, posso andare dovunque indisturbato. Io indosso tutta l’estate i bermuda e mi ha divertito il caso della simpatica ragazza che ha girato nuda per tutta Bologna, scandalizzando i benpensanti e facendosi filmare da decine di cellulari. Aderirei a una battaglia libertaria perché la gente possa andare a zonzo come vuole (nuda, col burka, con capi prezzati un centesimo o un milione di euro). Però tra il sindaco griffato da 2000 euro, ma in short, e il cameriere che l’ha buttato fuori tendo a dare ragione a quest’ultimo: se entri in una moschea, devi toglierti le scarpe, se entri in chiesa è meglio coprirsi, se vai a una festa in maschera fai Zorro a Oristano o Tarzan ovunque, se entri in un club devi stare alle sue regole (ce ne sono alcuni in cui è obbligatorio parlare in latino). Altrimenti rimani fuori, si chiama club apposta. L’arroganza tardo consumista, da tramonto dell’Occidente, di chi si arroga il diritto di avere accesso libero dappertutto perché indossa 2000 euro tra mutande e orologio è francamente odiosa. Non ci dispiace che il sindaco sia dovuto uscire umiliato con la coda tra le gambette nude.
Fabio Canessa
Preside del liceo olistico Quijote
se entri in una moschea, devi toglierti le scarpe, se entri in chiesa è meglio coprirsi, se vai a una festa in maschera fai Zorro a Oristano o Tarzan ovunque, se entri in un club devi stare alle sue regole (ce ne sono alcuni in cui è obbligatorio parlare in latino). Altrimenti rimani fuori, si chiama club apposta. (da L’ABITO NON FA IL SINDACO, editoriale di Fabio Canessa)