Tutti si ricordano degli spartani, ma a morire durante l’ultimo assalto dello sterminato esercito persiano alle Termopili c’eravamo anche noi, i tespiesi; ed eravamo in settecento. Il comandante Leonida sapendo bene che col tradimento di Efialte ormai non c’era più scampo per le forze greche, all’alba convocò tutti i comandanti alleati e li sciolse dall’impegno, se avessero voluto sarebbero potuti tornare in patria; si erano battuti con onore, avrebbero comunque meritato rispetto. A reggere l’ultimo assalto sarebbe rimasto lui, Leonida, coi suoi trecento spartani. Andarono via tutti ma Demofilo, il nostro comandante, non si mosse. “I tespiesi restano!” disse, e la sua voce era calma, il suo sguardo scintillante. Ricordo che in quel momento i miei occhi si riempirono di lacrime; erano lacrime d’orgoglio, non c’era alcun motivo per vergognarsene. Dicono che quando si invecchia ci si commuove più facilmente, lo sguardo velato dei vecchi racconta la nostalgia per tutta la bellezza che continuerà senza di loro. Anche se non sono mai invecchiato li capisco, neanche di quelle lacrime ci si deve vergognare. Non capisco invece le fontanelle di questi tempi; piangono tutti, piangono sempre, per ogni stupidaggine. E sono lacrime esibite con compiacimento, ostentate senza alcun pudore. Inquadrato tra il pubblico durante una partita dei recenti europei di calcio ho visto persino un idiota che piangeva disperato perché la sua squadra aveva subito un gol a un’ora dalla fine della partita. Tutte queste lacrime senza senso sono un oltraggio al genere umano. Se i piagnoni di questo secolo fossero stati con noi alle Termopili gli spartani li avrebbero presi a calci nel culo.
Filippo Martinez (Tespiese)
“Ricordo che in quel momento i miei occhi si riempirono di lacrime; erano lacrime d’orgoglio, non c’era alcun motivo per vergognarsene.”
Da LACRIME – Editoriale di Filippo Martinez (Tespiese)