Avevo quindici anni la prima volta che sono entrata, con il piede sinistro (perché la sinistra è la parte del cuore) in un Dojo. Dojo in giapponese significa “il luogo in cui si segue la via” e la via per me era il Karate, l’arte della mano nuda. Ma la nudità nel Karate non sta solo nelle mani, che non afferrano mai armi. La nudità che il Karate insegna è anche quella della mente.
Maestro Murgia in estate ci faceva correre per dieci chilometri nelle campagne sarde sotto il sole cocente di mezzogiorno e ci diceva “anche questo è Karate”; ci faceva eseguire i Kata (combattimenti reali contro avversari immaginari) sui sassi o tra le onde del mare e ripeteva “anche questo è Karate”; ci faceva dare Oi-Tsucki (pugni) agli alberi e ancora diceva “anche questo è Karate”. Pazzie? No. Un corpo allenato sui sassi è più difficile da spezzare. E se Maestro Murgia ti ha fatto fare le flessioni sulle nocche non esiste prova al mondo che ti possa fermare. Puoi solo pensare: “Anche questo è Karate”.
Raffaella Mulas
(Oscurologa di Aristan)
COGLI L’ATTIMO
Per vincere domani – The Karate Kid (The Karate Kid 1984) diretto da John G. Avildsen