Dispiace fare sempre il bastian contrario quando vince l’Italia. Come adesso che iniziano i Mondiali di calcio, sarà bello tifare per la Nazionale e sperare nel successo della squadra di Prandelli, così non chiederemmo di meglio che festeggiare le vittorie del cinema italiano nelle competizioni internazionali. Eppure, pur partendo prevenuti positivamente e accomodandoci sulla poltrona del cinema con le migliori intenzioni, ci riesce difficile condividere l’entusiasmo delle giurie per i nostri cineasti. L’imbarazzo per il Leone d’Oro di Venezia a “Sacro Gra” di Gianfranco Rosi e per l’Oscar a “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino si ripete oggi ancora più dolorosamente per il premio attribuito a Cannes a “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher. Non solo ci sconcerta che abbia vinto, ma ci stupisce perfino che sia stato ammesso in concorso! Trattasi di un abbozzo di film, frammentario e pretenzioso, ma soprattutto noiosissimo, che serve alla Rohrwacher per mettere in scena la sua infanzia sul lago Trasimeno con padre tedesco apicultore dai modi rozzi, madre paziente e tre sorelle, negli anni Novanta delle lire (poche) e delle canzoni di “Non è la Rai”. L’arrivo della squallida troupe di una tv locale fa intravedere un mondo luccicante che sostituisce la dura vita rurale con il sogno dello spettacolo. Il tutto raccontato faticosamente con una scrittura esilissima e dispersiva, affidato ad attori acerbi: l’ambizione è quella di fondere la propria autobiografia con la trasformazione dell’Italia dalla dimensione contadina al miraggio illusorio della televisione. Siamo ancora nei paraggi di “Reality” e dell’uggiosa polemica contro i guasti della tv. L’incapacità di narrare una storia è coperta dall’alibi della poesia, intesa come sensibilità rabdomantica con cui lo spettatore dovrebbe entrare in sintonia. Invece si ammazza dagli sbadigli. Tutti i vizi del cinema italiano epigonale contemporaneo sono lì in bella mostra, a cominciare dagli echi felliniani: la protagonista si chiama Gelsomina, fuori casa staziona un cammello e via fellineggiando senza costrutto. Se Sorrentino saccheggia “La dolce vita” e “Roma”, la Rohrwacher si rivolge ad “Amarcord”. L’unica cosa di “Le meraviglie” che ci meraviglia davvero è che sia stato premiato a Cannes.
Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan
COGLI L’ATTIMO
Emergenza noia nell’esecuzione live di Renato Zero dall’album 1998 Amore Dopo Amore