Sono l’erede universale.
Possiedo tesori inestimabili, inalienabili, inimmaginabili. Polvere di stelle portata dai venti galattici di lontanissime supernove esplose nel buio.
Possiedo miliardi di umani, e i loro sogni. Sono Spinoza e Quijote, Cleopatra e Archimede, Attila e Lady Chatterley, Paracelso e Morgana, Hitler e Aureliano Buendía, Gesù e Cappuccetto Rosso.
Le mie ricchezze sono così vaste che per concepirle devo dimenticarle.
E dimenticarmi.
So che il mio nome è una convenzione fantasiosa e tragica.
So che la mia data di nascita è un esercizio di umorismo involontario.
So che l’attimo della mia morte è la sciocca finzione di un poeta minore.
Lo so. Lo so benissimo.
E ascolto Martha Argerich.
Filippo Martinez (Erede universale)
So che il mio nome è una convenzione fantasiosa e tragica. So che la mia data di nascita è un esercizio di umorismo involontario. So che l’attimo della mia morte è la sciocca finzione di un poeta minore. Lo so. Lo so benissimo. E ascolto Martha Argerich”. Da L’EREDE – Editoriale di Filippo Martinez (Erede universale)