L'ESTETICA DELLA CONTRAFFAZIONE


Editoriale del 25 aprile 2017

Tutta l’attività radiofonica e televisiva di Gianni Boncompagni si basa sull’idea di trattare il “mezzo” come un gioco che prevede come massimo divertimento la finzione di un altrove, di un’isola che non c’è, di una realtà parallela a quella che viviamo fatta solo di divertimento paradisiaco con musiche piacevoli, buffi da palio, belle ragazze e scenografie fiabesche palesemente artificiose. La sua comicità nasceva spesso dal giocare a fingere la diretta se la trasmissione è registrata (moltissimi sarebbero gli esempi in “Alto gradimento”, ma è memorabile la puntata di “Pronto chi gioca?” in cui lo stesso Boncompagni si divertì a fare Fregoli presentandosi su un palco vestito con costumi diversi nel giro di pochi secondi, millantando una vera e propria diretta solo perché sullo schermo appariva in sovrimpressione un orologio che segnava l’ora esatta). Nello stesso gioco ha coinvolto spesso la stampa: il risvolto di copertina del libro scritto con Renzo Arbore “Il meglio di Alto Gradimento” presenta immaginarie recensioni entusiastiche tratte dal New York Times o da La Pravda e spesso durante il suo “Discoring” mostrava finte prime pagine di quotidiani (da far invidia al “Male”) inneggianti la trasmissione. L’atmosfera irreale, “sottovuoto spinta”, dei suoi programmi può richiamare ai più colti l’artificio neoclassico esibito nelle Grazie del Foscolo: il vagheggiamento formalmente elegantissimo di una bellezza senz’anima, che esibisce in modo imbarazzante la propria falsità. Il retrogusto sensuale, esaltato dal virtuosismo della regia, può richiamare ai più porcelloni il cinema di Tinto Brass, allegro nelle intenzioni, ma che finisce invece col comunicare un vuoto deprimente allo spettatore che cerchi invano una sceneggiatura o una storia e non sappia bearsi tutto nei generosi nudi femminili e nelle acrobazie della cinepresa. Come per Ugo Foscolo e Tinto Brass, anche per Gianni Boncompagni la forma è il contenuto. Tutti e tre attratti dall’abisso vertiginoso della bellezza e dell’erotismo femminile, verniciano con tre stili inconfondibili un sostanziale nichilismo di fondo: l’amica risanata, Miranda e Ambra contrastano con balli, seni e sguardi seducenti la minaccia incombente del “nulla eterno”. Da “Crociera”, finzione di un universo di canti, balli e belle fanciulle che viaggia su una nave in alto mare, lontano dal nostro mondo quotidiano, e invia saluti all’Italia da un non-luogo artificiosissimo, all’astronave di “Galassia due”, il sogno di Boncompagni è fingere anche il conduttore, di cui fu emblema il falso robot Zed. Il suo sublime senso dell’umorismo, testimoniato in passato dalla geniale comicità radiofonica e negli ultimi anni dalle strepitose interviste rilasciate dal nostro ai giornali e in tv (il giorno che un editore avesse la cura di raccoglierle e il coraggio di pubblicarle, si capirebbe dove si sono reincarnati la linguaccia del conterraneo Pietro Aretino e l’umorismo lunare di Achille Campanile) è ancora una volta l’ambizione ariostesca di creare un mondo spassoso e tutto artificiale, stavolta senza cavalieri e armi. Bastano le donne.

Fabio Canessa
(preside del liceo olistico “Quijote”)

Il sublime senso dell’umorismo di Gianni Boncompagni, testimoniato in passato dalla geniale comicità radiofonica … è ancora una volta l’ambizione ariostesca di creare un mondo spassoso e tutto artificiale, stavolta senza cavalieri e armi. Bastano le donne.(da L’ESTETICA DELLA CONTRAFFAZIONE, editoriale di Fabio Canessa)

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