“Che vuoi, Leonard? Non vedi che sto giocando a scacchi. Non intrometterti. Sei morto da quasi quattro anni e invece di startene buono nella terra dei morti continui a ritornare con quella canzone.”
Tenevo la radio al minimo sulle onde medie di una stazione inglese, doveva essere un lontanissimo sottofondo per questa partita spericolata col colonnello Aureliano Buendía, e invece l’ho riconosciuto e ho aumentato il volume. “A thousand kisses deep. – Profondo un migliaio di baci.” Maledetto, insidioso, avvolgente Leonard Cohen.
Deve muovere Aureliano, ma non protesta per il volume; sembra ascoltare.
Coronavirus è un bel nome, dolce e antico; non fa pensare a lutti e lacrime. Il mio tempo grazie a lui ha perso l’orientamento, come quando ero ragazzo; tutto è stravolto. Non ci sono più notti e giorni, sogni e realtà. E non ci sono più il dentro e il fuori; c’è solo il dentro, come una piacevole vertigine.
“I made it to the forward deck. I blessed our remnant fleet And then consented to be wrecked,
A Thousand Kisses Deep. – Sono riuscito ad arrivare sul ponte di comando. Ho benedetto ciò che restava della nostra flotta e poi ho accettato di venire affondato, nel profondo di un migliaio di baci.”
“Matto al Re Nero!”
‘Fanculo Aureliano.
Filippo Martinez (Scacchista)
A Thousand Kisses Deep – Profondo un migliaio di baci. (da LIBELLENMATT – Editoriale di Filippo Martinez)