L'ITALIA E' UNA REPUBBLICA FONDATA SUL RANCORE


Editoriale del 5 dicembre 2017

Niente più pizza e mandolini, l’ingrediente che caratterizza l’Italia è il rancore. Lo afferma l’ultimo rapporto del Censis, appena pubblicato, sulla situazione sociale del nostro paese. L’italiano è rancoroso: il denominatore comune che lega la protesta dell’antipolitica, la diffidenza verso gli immigrati, l’invidia reciproca nei luoghi di lavoro, le separazioni coniugali, i femminicidi, la sfiducia nelle istituzioni, gli scoppi d’ira che provocano pestaggi per futili motivi e il chiacchiericcio gossiparo che agita ogni ambiente, dal mondo dello spettacolo alle parrocchie, sarebbe il risentimento stizzoso, l’avversione istintiva e profonda verso il prossimo, covata nella convinzione, vera o presunta, di essere vittime di torti e ingiustizie. Da qui nasce un diffuso sentimento di rivalsa e vendetta, fatto di disaffezione reciproca e di acrimonia incallita. Giovani contro vecchi e viceversa, italiani contro stranieri, disoccupati contro occupati, lavoratori contro pensionati, uomini fragili contro le donne che li hanno scaricati, donne più o meno molestate contro molestatori di successo (quelli falliti la passano più liscia). E i social network rispecchiano, moltiplicano e risputano i rancori, sommandoli in un intreccio di conflitti. Che rimbomba nella beceraggine dei talk show e dei talent. Povera patria, cantava Franco Battiato. Si potrebbe rileggere la storia politica dell’Italia unita (unita?) alla luce del rancore sia per la mancanza di valori condivisi sia per la facilità con cui si è sempre passati dalla venerazione al dileggio: da piazzale Loreto alle monetine contro Craxi, dal percorso zigzagante di Andreotti e Berlusconi fino all’ascesa e alla caduta di Matteo Renzi. Che deve ormai puzzare forte di cadavere, se due pesi piuma come Lapo Elkann e Fabio Volo si sono affrettati a dargli il calcio dell’asino. Già nei confronti dei 5 Stelle si assiste al consueto alternarsi di pollice dritto e pollice verso, nella confusa e avvilente sarabanda che ci accompagnerà fino alle elezioni. Che non avranno vincitori, ma solo sconfitti. La più sconfitta sarà l’Italia, così i suoi cittadini potranno fare ulteriore scorta di rancore e vittimismo. Altro che eliminazione dai mondiali di calcio e sorteggio sfortunato tra Milano e Amsterdam. Neanche Salomone riuscirebbe a governare un popolo con la rabbia in corpo. Figuriamoci Di Maio, Salvini, Renzi o Berlusconi.
Fabio Canessa
(Preside del Liceo Olistico Quijote)

il risentimento stizzoso, l’avversione istintiva e profonda verso il prossimo, covata nella convinzione, vera o presunta, di essere vittime di torti e ingiustizie (da L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA FONDATA SUL RANCORE, editoriale di Fabio Canessa)

da Il commissario Pepe (1969) di Ettore Scola tratto dall’omonimo romanzo di Ugo Facco De Lagarda. Con Ugo Tognazzi e Giuseppe Maffioli

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