A cosa serve avere due occhi per vedere una cosa sola? Certo, si guadagna in profondità, si fondono le immagini viste da ciascuno dei due e si ottiene la visione tridimensionale.
Per De André avere una visione binoculare singola in tutte le direzioni dello sguardo era un lusso e uno spreco. Così lui ha scelto di essere strabico, di avere percezioni diverse senza fonderle: con un occhio guardava il mondo con il rigore e l’oggettività dello scienziato, con l’altro esprimeva una compassione dettata dal bisogno d’anima del poeta. È questo conflitto radicale il segreto della sua arte: un pensare freddo, lucido, distaccato, intrecciato con il sentire poeticamente e con la partecipazione che ne scaturisce. Un occhio-giudice per inquadrare e soppesare e un occhio buono per capire e perdonare. Persino di fronte a un atto barbarico come il sequestro e il rapimento, dopo il quale ebbe il coraggio di scrivere: “Se ti tagliassero a pezzetti il vento li raccoglierebbe, il regno dei ragni cucirebbe la pelle e la luna tesserebbe i capelli e il viso e il polline di Dio di Dio il sorriso”.
Come si fa, senza il dono di un magico strabismo, a vedere insieme un corpo straziato da una barbarica violenza e il sorriso di Dio?
Silvano Tagliagambe
(Epistemeudomonologo di Aristan)
COGLI L’ATTIMO
da Amore all’italiana (1966) diretto da Steno. Il film è conosciuto anche con il titolo I Superdiabolici. Con Walter Chiari e Raimondo Vianello