L’appuntamento è a CAGLIARI da MERCOLEDÌ 18 APRILE alle 19,15, presso il College Universitario di S. Efisio in via Monsignor Cogoni, traversa di via Cadello.
Alle parole “poesia contemporanea” uno, generalmente, fugge veloce. Figuriamoci se pensa di iscriversi a un Corso! Manco morto. La verità è che, se ci limitiamo a prendere in considerazione la poesia contemporanea che troviamo nei libri, fuggire è la soluzione migliore. I veri poeti “cartacei” sono rari; i più sono gazzosa. Ma non è nei libri che bisogna cercare i poeti di oggi, o meglio: non solo nei libri. Si possono trovare in tutti i campi: nel cinema, nelle canzoni, nella pittura, nel fumetto, nello sport, su Netflix, nella scienza… e anche sui social. La poesia può essere dappertutto. È per tutti. E può rendere la nostra vita più bella. Molto più bella.
L’Università di Aristan ha organizzato un corso di poesia contemporanea in 7 incontri intitolato “Da Garcia Lorca a Vasco Rossi”. Le lezioni si terranno con cadenza settimanale per 7 settimane, in date da definire (sempre tra il lunedì e il giovedì). Come scritto sopra si comincia alle 19,15 ma le porte saranno aperte delle 18,00 per consentire a tutti di regolarizzare l’iscrizione. Per le informazioni e per le prenotazioni potete scrivere a segreteria.aristan1@gmail.com oppure telefonare al 338 8933196.
Ecco il programma:
1 – La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve – MASSIMO TROISI
(La poesia sa infischiarsene dei luoghi deputati: è sempre libera e sconvolgente)
2 – Ascolta come mi batte forte il tuo cuore – WISLAWA SZYMBORSKA
(Tradurre i sentimenti vuol dire, volta per volta, reinventarli)
3 – Per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare? – TOTÒ E PEPPINO
(Il futuro e il passato sono abili travestimenti del presente)
4 – Visto che tutti gli altri posti erano occupati ci sedemmo dalla parte del torto – B. BRECHT
(Fenomenologia del “diavolo custode”)
5 – Gli angeli sanno volare perché si prendono con leggerezza – GILBERT K. CHESTERTON
(La semplicità è complicata)
6 – Se si nega ai tremolanti il diritto di tremolare, dove va a finire il mio diritto di non tremolare? – GAETANO SALVEMINI
(Senza l’etica l’umanità non esiste)
7 – Piaciuto tutto, capito niente – GIAMPAOLO TALANI (epigrafe sulla sua tomba)
(I guru, spesso, gureggiano)
IL PENULTIMO DEI TAVIANI
Editoriale del 17 aprile 2018
Con Vittorio Taviani scompare il penultimo regista (l’ultimo è il fratello Paolo) che ha concepito il cinema italiano come un’arte composita che aveva l’onore e l’onere di armonizzare tra loro molte nobili eredità culturali: quella figurativa delle botteghe artigiane del medioevo pisano e del rinascimento fiorentino, quella politica del pensiero marxista di Gramsci, quella storica dei valori della resistenza, quella letteraria di classici come Pirandello e Boccaccio (ma anche Tolstoi e Fenoglio), quella teatrale delle tragedie scespiriane e dello sperimentalismo del dopoguerra, quella cinematografica del magistero di Ejzenstein. Il cinema dei fratelli Taviani, nelle opere più felici, è stato capace di far interagire tutte queste fonti, fondendole in un’orchestrazione colta e popolare, serbando lo specifico di ogni linguaggio, nello sforzo di trovare un equilibrio miracoloso tra l’adesione più rigorosa al realismo e l’accensione più visionaria del fiabesco. Quando ci è riuscito, sono nati “La notte di San Lorenzo” e “Cesare deve morire”: il primo trasfigura una storica battaglia tra fascisti e partigiani in un’epica toscana che miscela Omero e la civiltà contadina, la guerra civile e le filastrocche d’infanzia, le memorie del passato e la fragilità del presente; nel secondo il colpo d’ala di far interpretare ai detenuti di Rebibbia il “Giulio Cesare” di Shakespeare innesca un geniale corto circuito tra cinema e teatro, delitti dei congiurati e delitti dei carcerati, dizione recitativa e dialetti, colore e bianco e nero: la prigione offre scenografie memorabili e attori perfetti, che danno la verità del vissuto a Shakespeare, mentre Shakespeare dà senso e spessore alle loro esistenze, in uno scambio irripetibile tra arte e vita. A Vittorio Taviani, maestro di arte e vita, vorremmo chiedere ora che cosa è la morte, come chiede al fantasma della madre defunta Luigi Pirandello, interpretato da Omero Antonutti, nella sequenza più bella di “Kaos”, il film che i Taviani dedicarono allo scrittore siciliano. La risposta della mamma (l’attrice Regina Bianchi) sprigiona tutta la sacralità che i Taviani conferiscono all’esistenza: “Cerca di vedere le cose con gli occhi di quelli che non ci sono più: le scoprirai più sacre e più belle”.
Fabio Canessa
Preside del Liceo Olistico Quijote
A Vittorio Taviani, maestro di arte e vita, vorremmo chiedere ora che cosa è la morte, come chiede al fantasma della madre defunta Luigi Pirandello, interpretato da Omero Antonutti, nella sequenza più bella di “Kaos”, il film che i Taviani dedicarono allo scrittore siciliano (da IL PENULTIMO DEI TAVIANI, editoriale di Fabio Canessa)