“L’uomo è un mondo che a volte vale i mondi interi”, scrive da Nizza il pittore Amedeo Modigliani al mercante parigino Léopold Zborowski nel gennaio 1919, un anno prima di morire all’età di trentasei anni. La sua opera pittorica si concentra nell’arco di tre lustri e i suoi scritti si limitano a una trentina di lettere, per la prima volta raccolte ora in modo completo e organico in un libro edito da Abscondita, alla vigilia del centenario della morte e in occasione di una grande mostra appena inaugurata nella sua Livorno. La bibliografia critica pubblicata in vita è composta da tre soli articoli. In compenso, abbondano le testimonianze di un’aneddotica a tinte forti, con storie di degradazione segnate dall’alcool e dalla droga, che hanno finito per confezionare il facile stereotipo del pittore maledetto: un livornese irrequieto finito nella bohème parigina a dissipare la sua vita breve e tormentata. L’ottimo studio di Elena Pontiggia che fa da postfazione all’epistolario si sforza invece di comporre un profilo critico dell’artista Modigliani basato sulla visione del mondo che traspare dai quadri e dalle lettere. Ripercorrendo velocemente la carriera pittorica, dall’uggia per il canone accademico, che lo fece avvicinare al primitivismo, fino a una ricerca che contemperasse avanguardia e classicità, la Pontiggia dimostra come il colloquio di Modigliani con gli antichi sia costante (e i colli lunghi derivino più dalle Madonne senesi che dalle maschere africane) e come tutta la sua arte sia “una riflessione sull’uomo”, “il tentativo, lucido ed emozionato, non di porre l’uomo al centro dell’universo, come voleva la filosofia rinascimentale, ma di considerare l’uomo un universo”. Concentrata a ritrarre figure singole femminili, facendone sprigionare un’elegante e ieratica spiritualità, estranea a qualsiasi interferenza del sociale o del grottesco, l’arte di Modigliani rivela una dimensione puramente esistenziale. Influenzata dalla lettura di Spinoza (del quale il pittore diceva di essere discendente per parte di madre), di Nietzsche e di D’Annunzio, accompagnata dalla “voce dello spirito ebraico”e irrobustita da dolorose esperienze di vita, è l’arte di un umanista che ha tentato di raffigurare “il sentimento, enigmatico, dell’esistenza”, nella sua miscela di fragilità e nobiltà.
Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)
“L’uomo è un mondo che a volte vale i mondi interi”, scrive da Nizza il pittore Amedeo Modigliani al mercante parigino Léopold Zborowski nel gennaio 1919, un anno prima di morire all’età di trentasei anni (da MODIGLIANI TORNA A LIVORNO – Editoriale di Fabio Canessa)