NATALPASQUA


Editoriale del 23 dicembre 2020

Cosa dire del Natale di questo terribile 2020, così diverso dal modo tradizionale di concepirlo e di viverlo, senza feste di famiglia, senza abbracci, senza allegria? Come descriverlo, al di là dei richiami retorici all’intimità, al primato dei sentimenti, dell’universo interiore e del silenzio sulla usuale esteriorità e chiassosità con cui lo si è sempre interpretato? Non c’è che una via, la sola non stonata: quella di appellarsi alla forma più autentica del simbolo, nella quale ciò che simboleggia, ad esempio la croce, e ciò che viene simboleggiato, in questo caso la fede in quel Cristo di cui si celebra oggi la nascita, rimangono uniti pur nella continua tensione di cose diverse, una materiale e l’altra profondamente spirituale, che sembra ogni volta poterli separare. È invece proprio questa tensione a renderli indisgiungibili. Il simbolo pone la differenza e dissocia, ma nello stesso tempo stabilisce una relazione reciproca e unisce. Esso è propriamente tale quando riesce a mantenere in tensione, a esprimere in uno e a far coesistere gli opposti: cielo e terra, visibile e invisibile, mortale e immortale. Non a caso lo strumento più efficace per coglierne la natura è una metafora assimilabile al parto, quella della pregnanza, la quale sottolinea come esso sia un qualcosa che, racchiudendo un significato dentro di sé, come la gravidanza, ne rivela la presenza, ma nasconde al contempo la sua natura. In tal senso esso rimanda bensì a qualcosa, ma non nella modalità con cui una parola rimanda al suo significato, generalmente chiaro, bensì in quella con cui il simbolo avverte della presenza di un significato nascosto e inesprimibile. Questo è il grande mistero e la grande forza del cristianesimo: la simultaneità della nascita e della croce, che diventano un solo istante dal momento che nel parto di Maria, nell’atto stesso del suo generare, è già scritto e iscritto il destino di morte del figlio, venuto al mondo per compiere con la crocifissione la sua missione di salvezza dell’uomo. Allora, ecco il punto, anche se sotto il profilo del calendario Natale e Pasqua sono separati da un intervallo di diversi mesi, nella logica della religione cristiana essi sono tutt’uno e coincidono: e questo Natale, così diverso dagli altri, può acquistare un significato autentico soltanto se viene interpretato e vissuto, nella sua coincidenza con la Pasqua, come un giorno di rinascita e di resurrezione: un NatalPasqua, nel quale il bambino che viene alla luce è, contemporaneamente, l’uomo che viene deposto dalla croce. Un Natale, per questo, che non può che essere un misto indissolubile di gioia, dolore e speranza.

Editoriale di Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)

“Anche se sotto il profilo del calendario Natale e Pasqua sono separati da un intervallo di diversi mesi, nella logica della religione cristiana essi sono tutt’uno e coincidono.”
Da NATALPASQUA – Editoriale di Silvano Tagliagambe (Iconologo di Aristan)

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