Come un tempo i navigatori organizzavano spedizioni per scoprire le terre emerse, ora c’è chi va per mare alla ricerca di isole galleggianti, immensi accumuli di spazzatura. Sono gli esploratori dei nostri tempi. I milioni di tonnellate di plastica non degradabile, scaricati in mare negli ultimi cinquant’anni, per effetto delle correnti oceaniche hanno finito per creare enormi isole, che non possono venire avvistate da satelliti, aerei o droni. Infatti sono composte in prevalenza da microplastiche che galleggiano sotto il pelo dell’acqua, così piccole da finire nello stomaco dei pesci. La loro superficie si può solo stimare. L’isola più grande, individuata nel1997 da Charles Moore, novello Magellano, è stata battezzata col nome di Great Pacific Garbage Patch, la grande chiazza di spazzatura del Pacifico. “Per un’intera settimana di navigazione”, disse Moore, “ho incontrato solo plastica, plastica, plastica …”. Sembra che la GPGP abbia una superficie non inferiore al doppio di quella degli Stati Uniti. Senza bisogno di andare così lontano, scopro isole di plastica di dimensioni più modeste anche mentre faccio il bagno a due metri dalla riva, a casa mia. Bottiglie, tappi di bottiglia, buste, orinali, ciabatte…
Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure di Aristan)
Scopro isole di plastica di dimensioni più modeste anche mentre faccio il bagno a due metri dalla riva, a casa mia. Bottiglie, tappi di bottiglia, orinali, ciabatte (da NAVIGATORI 2.0, editoriale di Marco Schintu)