ME NE FREGO (ALLA MANIERA DI SRAFFA)


All’inizio non deve averla presa mica bene, Wittgenstein. Camminava sulle rive del Cam a Cambridge in compagnia del suo caro amico Piero Sraffa. Un austriaco e un torinese chiamati da Russell e Keynes per il loro genio in filosofia ed economia, rispettivamente. Funzionava così, le intersezioni della borghesia cogitante europea erano ancora in pochi nodi decisivi. Oggi studiano tutti, e sono sempre meno quelli che pensano. Il pericolo della fabbrica è anche e soprattutto fra le righe. Comunque, torniamo all’idillio. Wittgenstein sfruconava gli elementi del suo “Tractatus Logicus Philosophicus”, una roba con cui dichiarò di aver risolto tutti i problemi filosofici di sempre e che ancora oggi la studiano, lavorano di bisturi su un’allucinazione divina. In estrema sintesi, esistono i fatti e il linguaggio, i fatti e il linguaggio sguazzano nello stesso mare della logica. Ogni cavillo filosofico è un falso problema, un cortocircuito linguistico e quindi logico. E mentre il meriggio attraversava gli alberi e colava la sua opalescenza sui prati, Sraffa chiese a Wittgenstein che logica esistesse nel gesto napoletano che sfregando il dorso delle dita sotto il mento e lasciandole a mezz’aria significa più o meno “me ne frego”. Nell’introduzione delle postume “Investigazioni filosofiche” Wittgenstein ringrazierà Sraffa. Da logico il suo pensare si era fatto antropologico e poi mistico. Cosa non da poco, l’ossequio, da uno che aveva negli anni inflitto pestaggi filosofici a chiunque. Morale della favola? Infinita. La mia? Liberi, prima e soprattutto dal demone che ci abita dentro. Prima o poi è destinato a rivelarsi un minchione.

Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)

COGLI L’ATTIMO

 

da Wittgenstein (1993) di Derek Jarman, ispirato all’opera di Ludwig Wittgenstein.

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